La piazza pro Ucraina rivitalizza Letta. E Conte deve accodarsi

M5s e sinistra "pro Putin" in affanno. Il dem guarda alle Politiche: con Giuseppi "patti chiari"

La piazza pro Ucraina rivitalizza Letta. E Conte deve accodarsi

«Patti chiari», amicizia lunga. Enrico Letta tenta di dare un'identità politica al fumoso «campo largo» del centrosinistra, cercando di imporre il Pd come baricentro della futura coalizione.

Operazione, quest'ultima, condotta con successo nelle ultime settimane: l'aggressione della Russia all'Ucraina ha praticamente ridotto gli «ex» putiniani di Cinque Stelle ad un imbarazzato silenzio, mentre la linea fermamente pro-Zelensky e pro-Occidente del segretario dem ha costretto persino la sinistra-sinistra e la Cgil ad aderire (almeno pro-forma) alla manifestazione in supporto del governo ucraino a Firenze, per mettere una toppa sulla stratosferica figuraccia fatta con la manifestazione «pacifista» ed equidistante tra vittime e carnefici di Piazza San Giovanni.

Il leader dem, ieri, è intervenuto all'assemblea costituente di Europa Verde (che tenta di raccogliere gli spezzoni del fragile movimento ecologista italiano), sostenendo che è necessario «costruire in Italia un'alleanza democratica, ecologista, femminista e progressista». Un'alleanza che «si candidi a governare con un programma molto chiaro e che gli elettori scelgano». Ma, avverte Letta, «dobbiamo essere molto chiari con gli elettori: quello che i tedeschi hanno fatto dopo le elezioni noi dobbiamo farlo prima, e dire agli elettori che insieme governeremo e lo faremo con una coalizione di forze democratiche, progressiste ed ecologiste».

Il segretario del Pd assicura che c'è anche «la volontà di continuare il dialogo positivo dei mesi scorsi» con il Movimento Cinque Stelle. Il pranzo della scorsa settimana con Giuseppe Conte serviva a ribadire - almeno dal punto di vista «ottico» - che l'asse Pd-M5s resta fermo: serve a Letta non tanto in vista delle amministrative di primavera, nelle quale i voti di Conte e dei grillini contano pochissimo, tanto più che in molti comuni (vedi Palermo) trovare un'intesa con i grillini è difficilissimo. È la partita delle prossime Politiche la vera posta in gioco per il leader dem: Letta è convinto che la legge elettorale non vada cambiata, che il famigerato «Rosatellum», con la sua quota di collegi di coalizione, vada mantenuto per costringere partiti e partitini del centrosinistra - da M5s a Calenda a Renzi alla sinistra estrema - ad allearsi con il Pd e consentire allo stesso Enrico Letta di proporsi come candidato premier della coalizione.

In verità, dal punto di vista politico, il «campo largo» del centrosinistra resta in grande affanno. E bastava la piazza di sabato a testimoniarlo, con il Pd a Firenze insieme ai sindaci di mezza Europa e allo stesso capo di Stato ucraino Zelensky, in una piazza strapiena, e il povero Giuseppe Conte nella sua ridotta di Napoli con quattro gatti, bersagliato di critiche anche all'interno del movimento, una parte del quale gli ha rimproverato la scelta di disertare la piazza fiorentina.

Scelta dettata dall'estrema debolezza politica di Conte e del suo partito: l'ex premier e aspirante leader del M5s non voleva ritrovarsi fianco a fianco con chi, da Carlo Calenda a Italia viva di Matteo Renzi, ha aderito e partecipato alla manifestazione fiorentina ma continua a rifiutare l'alleanza organica con i Cinque Stelle.

Così Conte è fuggito al sud, ritrovandosi però - come denunciano i suoi stessi colleghi di partito - con «200 persone e 2 telecamere». Un segnale di debolezza che serve solo a rafforzare l'egemonia politica dem sul fu «campo largo».

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