Il pistolero in isolamento «Vendetta per Pamela» Il legale punta sulla follia

In casa svastiche e il «Mein Kampf». È accusato di strage con l'aggravante dei motivi razziali .

Il pistolero in isolamento «Vendetta per Pamela» Il legale punta sulla follia

Innocent Oseghale e Luca Traini sono a pochi metri l'uno dall'altro. Ventinove anni il primo, 28 il secondo, chiusi in due celle nel carcere di Montacuto, ad Ancona. L'uno accusato di vilipendio e occultamento di cadavere, per aver fatto a pezzi e nascosto in due trolley il corpo di Pamela Mastropietro, la 18enne romana che aveva appena abbandonato la comunità di recupero dove era ospite a Corridonia. L'altro per aver trasformato sabato scorso Macerata nel set di un film western, sparando tra le 11 e le 13 ai «neri» che incontrava per strada, oltre che contro bar e una sede del Pd, in una folle azione di vendetta, il cui movente sarebbe - sembra ormai certo - proprio la terribile fine della ragazza.

Innocent due giorni fa si è avvalso della facoltà di non rispondere. Per capire se dovrà affrontare anche l'accusa di omicidio bisognerà ora attendere gli esami del reparto investigazioni scientifiche dei carabinieri. Solo al quel punto si capirà se Pamela è morta per una overdose o se è stata uccisa da chi poi l'ha fatta a pezzi. E qualunque sia la risposta, Innocent per gli inquirenti non era solo: si cerca un complice, anche lui spacciatore come Oseghale.

Non c'entravano sicuramente niente invece i sei extracomunitari, tra i quali una donna, feriti da Traini (quattro nigeriani, un maliano e un gambiano) nella sua assurda azione armata. Per questo il 28enne di Tolentino dovrà rispondere di strage aggravata dalle finalità di razzismo, tentato omicidio plurimo, lesioni gravi, spari in luogo pubblico, danneggiamento pubblico e porto d'arma non autorizzato. Quella Glock che aveva imparato a usare al poligono di Macerata, dove il presidente Massimo Gatti conferma che aveva preso il certificato di uso e maneggio armi. «Ma saranno due o tre anni che non lo vediamo», racconta al Giornale, «e comunque io l'avevo conosciuto prima perché frequentavamo la stessa palestra, di sicuro non ho mai pensato che potesse fare una cosa del genere». Nessun giallo sul porto d'armi per uso sportivo. Come ammette anche il suo avvocato Giancarlo Giulianelli, infatti, Traini pur avendo una storia complicata alle spalle e evidenti segni di disagio psichico (anche con comportamenti autolesionistici in passato) non è mai stato in cura da psicologi o psichiatri. Ed essendo incensurato, non ha avuto difficoltà a ottenere il permesso di acquistare e trasportare la pistola.

Ed è sempre il legale, che punterà per la difesa sulla perizia psichiatrica, a raccontare che la svolta razzista di Luca sarebbe arrivata in seguito a due relazioni, finite male, con ragazze tossicodipendenti che il 28enne aveva provato a «salvare». Così tanto da arrivare ad aggredire, in passato, alcuni spacciatori. Questo precedente, unito alla situazione familiare di Traini, segnata da una separazione traumatica dei genitori e dal rapporto conflittuale col fratello Mirko, avrebbe portato Luca a estremizzare le sue posizioni politiche, finendo per sovrapporre la storia di Pamela alle sue vicende sentimentali finite male e innescando la reazione armata di sabato. Una reazione d'impeto, secondo il suo avvocato, scattata dopo aver sentito in radio i dettagli delle atrocità commesse sul cadavere della ragazza uccisa. «Luca abitava da tempo con la madre Luisa - spiega il comandante del locale reparto operativo dell'Arma, Walter Fava - mentre il padre Enzo è rimasto a Macerata. A casa gli abbiamo sequestrato materiale fascista, tra cui una copia del Mein Kampf, due bandiere con la croce celtica e altro materiale dello stesso genere. Nessun simbolo di partito, non sappiamo nemmeno se sia iscritto alla Lega con la quale si era candidato».

Nemmeno l'arresto, nonostante la «fredda lucidità» di Traini riferita da chi l'ha arrestato, avrebbe però fatto prendere coscienza al giovane marchigiano della gravità di quanto commesso, spiega l'avvocato che due giorni fa gli ha parlato in caserma e che sostiene di non credere al suo apparente autocontrollo. Intanto, appunto, proseguono le indagini sulla morte di Pamela.

I carabinieri, mentre continua la caccia al secondo responsabile del vilipendio sul cadavere della giovane romana, avrebbero accertato che Innocent, dopo aver lavato il cadavere fatto a pezzi con la candeggina che aveva in casa ed essersi liberato dei due trolley con il corpo, ne avrebbe comprata tanta altra per ripulire la casa di via Spalato e cancellare ogni traccia. Una conferma secondo gli inquirenti della volontà del nigeriano di occultare le proprie responsabilità e della freddezza con cui era stata pianificata l'eliminazione del corpo di Pamela.

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