La pm di Bergamo sbugiarda la sinistra "Spettava al governo creare la zona rossa"

C'è un "giudice" a Bergamo. "Da quello che ci risulta è una decisione governativa" ha detto ieri sera ai microfoni Rai Maria Cristina Rota, procuratore facente funzione nella città martire dall'epidemia Covid.

La pm di Bergamo sbugiarda la sinistra "Spettava al governo creare la zona rossa"

Milano. C'è un «giudice» a Bergamo. «Da quello che ci risulta è una decisione governativa» ha detto ieri sera ai microfoni Rai Maria Cristina Rota, procuratore facente funzione nella città martire dall'epidemia Covid.

Ha risposto così alla domanda su chi avrebbe dovuto prendere una decisione sulla «zona rossa» nella bergamasca, in particolare nei Comuni della Val Seriana, quella zona alle porte del capoluogo che a marzo è stata drammaticamente colpita dall'epidemia, fino alla indelebile immagine dei mezzi dell'esercito chiamati a portare altrove i feretri, con gli impianti di cremazione che non riuscivano più a sopperire all'emergenza.

I magistrati, fra giovedì e ieri, hanno sentito come persone informate sui fatti l'assessore al Welfare Giulio Gallera e il presidente della Lombardia Attilio Fontana. «Il presidente Fontana aspettava la decisione del governo di istituire la zona rossa a Bergamo» ha detto l'avvocato Jacopo Pensa. Ai pm che indagano sulla gestione della crisi, secondo lo storico difensore del governatore, Fontana avrebbe quindi spiegato che da parte della Regione la decisione di bloccare le aree più colpite della Bergamasca «era data praticamente per certa, tanto che i militari erano già pronti a bloccare la zona», ma poi non è arrivata anche perché erano «i giorni del clou dell'epidemia, quando la gestione dell'emergenza era nel caos». Il legale ha precisato anche che il governatore era stato convocato dai pm in qualità di persona informata sui fatti «con lo spirito autentico di ascoltare una persona che ha contribuito ad accrescere il loro patrimonio conoscitivo sulle vicende relative al coronavirus». Ad accogliere Fontana, un drappello di protestatari, e il leader della Lega, Matteo Salvini aveva incalzato: «Risulta che sia convocato in qualche Procura il presidente del Consiglio visto che la sicurezza nazionale e la zona rossa dipendeva e dipende ovviamente dal governo nazionale?».

Se l'orientamento che emerge dalle parole della pm fosse confermato, ciò smentirebbe clamorosamente la campagna orchestrata dalla sinistra, che per fornire un alibi politico alle incertezze del governo ha voluto in seguito addebitare alla Regione la responsabilità dei ritardi. A ben vedere però era già chiaro che il potere di chiudere la Bergamasca, come ogni altra area, spettasse al governo nazionale. Che un simile intervento fosse di «esclusiva competenza statale», per esempio, lo attesta una circolare del ministero dell'Interno datata 8 marzo. Era quella la direttiva con cui il Viminale dava indicazioni ai prefetti, e non solo, sul decreto firmato il giorno stesso dal presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte (il famoso decreto che provocò il presunto «esodo notturno» da Milano). «Ferma restando la piena autonomia nelle materie di competenza regionale, come individuate dalle disposizioni vigenti - si legge nel terzo paragrafo di pagina 4 - va rilevata l'esigenza che in ogni caso, e soprattutto in questo delicato momento, non vi siano sovrapposizioni di direttive aventi incidenza in materia di ordine e sicurezza pubblica, che rimangono di esclusiva competenza statale e che vengono adottate esclusivamente dalle Autorità nazionale e provinciali di pubblica sicurezza».

Ma d'altra parte lo stesso presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, aveva accreditato questa versione, parlando della (mancata) zona rossa nel corso della sua visita a Bergamo del 27 aprile scorso, nel cortile della prefettura, dove lo aspettavano i cronisti. «Nel momento in cui ci è stata proposta - spiegò Conte, dopo essersi fermato a rispondere - abbiamo chiesto un approfondimento al Comitato tecnico scientifico, la sera del 5 marzo è arrivata la relazione, il 6 mi sono precipitato in Protezione civile a discutere la soluzione migliore, la sera del 7 ho firmato il Dpcm che ha reso di fatto tutta la Lombardia zona rossa».

Una dimostrazione ulteriore del fatto che il governo si considerasse il solo attore costituzionale titolato a decidere è il ricorso con cui aveva impugnato l'ordinanza che la Regione Marche aveva adottato il 25 febbraio con l'obiettivo di chiudere le scuole. E governativa o condivisa, era stata anche la chiusura del Lodigiano. Erano giorni anzi drammatici, e si scontravano esigenze diverse.

Moralmente difficile gettare la croce addosso a qualcuno per le decisioni prese o non prese. Ma qualcuno, quella croce, ha cercato di gettarla addosso al presidente della Regione. Adesso il punto di vista su tutta la vicenda cambia definitivamente.

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