La fermezza con cui la polizia di frontiera della Polonia ha respinto i migranti mediorientali che la Bielorussia instradava verso il confine polacco alla vigilia del conflitto russo-ucraino sono nella memoria di tutti. Era il dicembre del 2021, il regime di Aleksander Lukashenko provava a destabilizzare il confinante paese membro dell'Ue e della Nato ma Varsavia non si faceva intenerire dai migranti mezzi assiderati sospinti fino alla sua porta di casa. Anzi, il governo del partito conservatore PiS (Diritto e Giustizia) ne approfittò per rafforzare la barriera fisica con l'insolente Russia Bianca, satellite della Federazione Russa.
Di lì a poco il governo polacco spalancherà invece le braccia a centinaia di migliaia di profughi ucraini messi in fuga dai carri armati e dai bombardamenti russi. Una politica che guadagnerà al governo conservatore polacco l'accusa di non aprire le frontiere sulla base del diritto umanitario ma di aiutare solo i profughi bianchi e cristiani. Dei circa 13 milioni che l'hanno attraversata nelle due direzioni dall'inizio della guerra, oltre un milione di ucraini si è fermato in Polonia. Il governo li ha dotati di numero di sicurezza sociale, di un permesso di lavoro, e i minori sono integrati nel sistema scolastico nazionale complice la poca distanza fra le due lingue.
Eppure, riferisce il quotidiano conservatore polacco Rzeczpospolita, il ministero degli Esteri di Varsavia ha annunciato l'intenzione di far entrare altri 400 mila lavoratori extracomunitari nel paese: una svolta notevole per un'amministrazione tradizionalmente ostile tanto all'immigrazione diretta quanto alla redistribuzione in seno all'Ue dei profughi che siano riusciti ad approdare in un paese Ue. La ragione dell'inversione di rotta si spiega con due parole: crescita economica. L'Ocse ricorda che prima della pandemia da corona e della guerra russo-ucraina quella polacca è stata una delle economie più performanti d'Europa. Per il 2023 si prevede un Pil in crescita solo dello 0,7% ma nel 2024 l'espansione dovrebbe toccare quota +2,7%: il lavoro c'è ma i lavoratori mancano. E gli ucraini? Metà di loro sono già integrati nel mercato del lavoro mentre l'altra metà va a scuola: non bisogna dimenticare che allo scoppio della guerra il governo di Kiev ha permesso la fuga solo di donne, bambini, anziani, trattenendo in patria i cittadini abili alla leva. Ma oggi che l'economia polacca dà i primi segni di ripresa restano da riempire le caselle di molti lavori tradizionalmente maschili: dall'agricoltura alla siderurgia, dall'edilizia ai trasporti.
Nuova anche la procedura prevista: i candidati lavoratori stranieri non dovranno più rivolgersi ai consolati polacchi nel proprio paese ma direttamente al ministero degli Esteri di Varsavia, previa pagamento di una tassa da 80 euro. Con i 32 milioni di euro raccolti il governo punta a potenziare il personale del ministero mentre sgrava i consolati dal carico di lavoro. Via allora alle domande di lavoro da Bielorussia, Ucraina e Moldavia ma anche da paesi con culture molto diverse da quella polacca tutelata dai governanti del PiS.
Potranno rivolgersi al ministero candidati da Arabia Saudita, Qatar, Turchia, Armenia, Azerbaigian, Georgia, Pakistan, India, Thailandia, Kazakistan, Uzbekistan, Vietnam, e Nigeria. I tempi di una Polonia impoverita dal socialismo e dei polacchi in fuga verso ovest in cerca di una sorte migliore sono ormai tramontati. La Polonia di oggi è uno dei poli dell'immigrazione verso l'Europa.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.