Pompeo trascina il Vaticano nello scontro con la Cina

Il segretario di Stato Usa attacca l'intesa con Pechino: "La Santa Sede la cancelli o perderà autorità morale"

Pompeo trascina il Vaticano nello scontro con la Cina

È tregua su TikTok negli Usa. L'app dei mini-video evita in extremis il bando in America grazie alla benedizione «di massima» di Donald Trump, che ha definito «fantastica» l'intesa con Oracle e Walmart. L'accordo, ancora in via di definizione, prevede lo spin off delle attività globali di TikTok da ByteDance e la creazione di una nuova società con sede negli Stati Uniti, molto probabilmente in Texas. La maggioranza di TikTok Global resterà nelle mani cinesi, mentre a Oracle e Walmart andrà circa il 20% della nuova azienda pre-quotazione in borsa.

L'orizzonte sembra almeno per il momento rasserenarsi dopo settimane di incertezza, polemiche e critiche da parte di Pechino, che era tornata ad accusare gli Stati Uniti di «bullismo» annunciando contromisure, tra cui l'imposizione di limiti all'attività delle società straniere che «minano la sovranità nazionale della Cina e i suoi interessi di sicurezza e sviluppo». A fare infuriare il Dragone era stato il bando annunciato dall'amministrazione Trump alle app cinesi TikTok e WeChat a partire dalla mezzanotte di domenica. Per quanto riguarda la prima, in seguito alle trattative in corso e al via libera del tycoon, il Dipartimento del Commercio ha annunciato che le restrizioni slittano per il momento di una settimana, al 27 settembre. L'intesa, ha spiegato TikTok in una nota, prevede che Oracle sia il suo «partner tecnologico», per la precisione «trusted technology provider», ossia userà spazi per l'archiviazione dei dati dei 100 milioni di utenti americani sul territorio statunitense. Inoltre, Oracle sta lavorando con Walmart anche su una «partnership commerciale». TikTok spera che l'accordo raggiunto dalla sua società madre ByteDance con le due società «risolverà i problemi di sicurezza dell'amministrazione Trump».

Per quanto concerne WeChat, invece, la situazione si complica. Un giudice federale di San Francisco ha sospeso lo stop deciso da Washington a poche ore dall'entrata in vigore perché in violazione della libertà di parola garantita dal Primo Emendamento. La decisione di Laurel Beeler è arrivata in risposta all'azione legale avviata dalla US WeChat Users Alliance, secondo la quale il divieto avrebbe reso WeChat praticamente inutilizzabile negli Stati Uniti in violazione della libertà di parola dei cinesi americani, che usano l'app per comunicare principalmente con le loro famiglie in Asia. Intanto Tencent - proprietaria dell'app di messaggistica - ha fatto sapere che continuerà a trattare con il governo americano per raggiungere una soluzione di lungo termine.

Il Dragone comunque rimane nel mirino degli Stati Uniti, e l'ultima frontiera della guerra fredda con Pechino riguarda la libertà religiosa. Il segretario di stato americano Mike Pompeo ha rivolto infatti un appello al Vaticano perché non rinnovi l'intesa siglata due anni fa con il governo di Pechino sulla nomina dei vescovi. «Due anni fa la Santa Sede ha raggiunto un accordo con il partito Comunista Cinese nella speranza di aiutare i cattolici in Cina, ma l'abuso del Partito sui fedeli è solo peggiorato. Il Vaticano metterebbe in pericolo la sua autorità morale se rinnovasse l'accordo», ha scritto su Twitter il capo della diplomazia Usa. «Il Dipartimento di Stato è una voce forte per la libertà religiosa in Cina e nel mondo. Continueremo a farlo e ad essere a fianco dei cattolici cinesi. Chiediamo al Vaticano di unirsi a noi», ha aggiunto Pompeo, rilanciando un suo saggio scritto per la rivista conservatrice First Things, in cui afferma che «la Santa Sede ha una capacità e un dovere unici di focalizzare l'attenzione del mondo sulle violazioni dei diritti umani, in particolare quelle perpetrate da regimi totalitari come quello di Pechino».

Quindi, ha sottolineato che la situazione dei diritti umani in Cina, in particolare per i credenti religiosi, è «peggiorata gravemente» sotto il presidente Xi Jinping, in carica dal 2013. Un appello, quello rivolto a Papa Francesco perché stracci l'accordo, che arriva a otto giorni dalla visita in Vaticano, proprio per discutere l'intesa.

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