
Con Francesco ricoverato nella stanza dei Papi al decimo piano del Policlinico Gemelli, comincia a levarsi un venticello che insinua nelle orecchie il veleno delle sue dimissioni. Come se i suoi 88 anni autorizzassero a chiedere per lui una pensione, una landa tranquilla dove curare gli acciacchi del corpo, nemmeno fosse un mortale qualunque. Perché è questa la mala-educazione del contemporaneo, sempre più incapace di riconoscere le differenze e dare a loro il giusto valore, considerando in questo caso il Pontefice come un qualunque tranviere o un impiegato di banca pronto alla casa di riposo. L'idea che la vita sia solo quella biologica e non in alcuni casi una missione che può anche contemplare l'estremo sacrificio. Come morire in battaglia per un soldato o portare la croce della sofferenza per un testimone del Logos, il verbo di Cristo. E quindi di Dio, padre e Onnipotente. Parole che ormai risuonano troppo spesso come vuote formulette imparate a catechismo, ammesso che oggi qualcuno ancora ci vada. Fosse così, sarebbe naturale invitare Francesco a curarsi e a riguardasi, rimproverandolo magari per quella messa che ha voluto celebrare a tutti i costi, aggravando la sua polmonite. Ma così non è, come ha dimostrato uno dei papi più universalmente amati, quel Giovanni Paolo II che ha raccontato e quindi testimoniato in mondovisione come si affronta la sofferenza, la malattia che aggredisce il corpo, ma non può aver ragione dello spirito. Dell'anima, confermando che il martirio (etimologicamente la testimonianza), è il vero cuore del Cristianesimo: quello che fa del pane un'eucarestia e delle parole la vita. Nulla a che fare con la rinuncia di Benedetto XVI, perché in quel caso a mancargli furono le forze necessarie per essere pietra su cui edificare la Chiesa.
Non è il caso di Francesco che, a proposito della carrozzella su cui sempre più spesso è costretto, un giorno ha detto che «non si governa con le ginocchia, ma con la testa». Niente dimissioni, quella di Francesco funziona ancora così bene da voler bere quel calice fino all'ultima goccia.
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