Le truppe del generale Khalifa Haftar hanno bombardato una nave carica di armi, partita dalla Turchia, nel porto di Tripoli. E ieri sera è tornato a tuonare il cannone sempre sullo scalo commerciale. Alte colonne di fumo nero si sono alzate in tarda mattinata proprio di fronte all'ambasciata italiana. Ben 34 colpi di artiglieria di precisione, probabilmente a guida laser, sono piombati a un chilometro in linea d'aria dalla nostra sede diplomatica e dalla base navale di Abu Sitta, dove era ormeggiata nave Gorgona della marina militare italiana. L'unità, che fa parte della missione di supporto alle autorità libiche, soprattutto per il contrasto dell'immigrazione clandestina, ha salpato le ancore secondo le informazioni del Giornale. Per la prima volta a causa del conflitto, la nostra nave con 32 uomini di equipaggio e squadre di protezione del reggimento San Marco si è diretta al largo per uscire dal raggio di tiro dell'artiglieria.
L'attacco rivendicato dall'Esercito nazionale libico di Haftar dimostra la capacità militare del generale con l'artiglieria piazzata a una quindicina di chilometri. Dopo i primi 3-4 tiri in mare sono stati colpiti sia il deposito delle armi sulla banchina, che la nave battente bandiera della Sierra Leone, ma salpata da un porto turco. Non è un caso che il clamoroso attacco sia scattato dopo l'annuncio della nuova missione navale europea tutta schierata a Est per fare rispettare l'embargo sulle armi. «Se sarà autorizzata dalle parti libiche», potrà assumere anche i connotati di una missione terrestre di controllo dei confini libici, ha spiegato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio al termine del vertice Italia-Russia con il capo della diplomazia di Mosca, Sergei Lavrov.
L'artiglieria di precisione di Haftar ha dimostrato che le armi arrivano anche a Ovest, a Tripoli, e i suoi uomini
sono in grado di colpirle violando il cessate il fuoco. «Un chiaro segnale che gli approcci navali non servono a nulla - spiega una fonte militare italiana - Il conflitto si ferma solo mettendo gli scarponi sul terreno».
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