«La povertà non va in vacanza», attacca un'agguerrita Elly Schlein. Intestandosi la battaglia contro il governo Meloni sul salario minimo e reddito di cittadinanza. Come darle torto. I poveri il mare lo vedranno solo in cartolina. Al contrario, i «paladini» degli ultimi il relax se lo concederanno eccome. Grazie a vitalizi, consulenze d'oro e doppio stipendio in famiglia da parlamentare. Chi da Capalbio. Chi opterà per il fresco di Cortina. E chi nella residenza estiva di Marina di Bibbiona (dove nacque il governo Pd-M5s). Tutti, archiviate le fatiche politiche, scapperanno in terre e ville isolate. Attenzione: la battaglia contro la povertà non si ferma. Una premessa: guadagnare bene non è una colpa. Appare però singolare che a condurre la crociata in Parlamento in difesa delle famiglie disagiate siano proprio coloro che hanno trasformato le istituzioni in un centro per l'impiego familiare.
Il colmo ieri in Aula: Aboubakar Soumahoro, il pupillo di Angelo Bonelli, che non si era mai accorto degli affari sui migranti fatti da moglie e suocera, si è scagliato contro la maggioranza di centrodestra dopo il rinvio della discussione sul salario minimo. È evidente come la «guerra» di Conte, Schlein, Fratoianni e Bonelli su reddito di cittadinanza e salario minino sia tutta ideologica e demagogica. L'obiettivo è la difesa di un totem. Nulla più. Piero Fassino si alza a Montecitorio e sventola il cedolino: 4700 euro (stipendio da parlamentare) sono pochi. Omette però di dire che al suo stipendio va aggiunto il vitalizio della moglie: Anna Serafini, parlamentare per ben 20 anni. Dal 1987 al 2007. Prima della riforma la moglie di Fassino percepiva un assegno di 6411 euro. Con il taglio dei vitalizi avrà subìto un leggero ritocco. Al Nazareno la moglie di Fassino la ricordano bene per il famoso «lodo Serafini»: una deroga al limite delle due legislature per consentirle la terza (quarta e quinta) candidatura. Almeno Massimo D'Alema, beccato con barca e casa popolare, ebbe la decenza di vendere il suo veliero Ikarus e lasciare l'appartamento di un ente previdenziali. Comunisti d'altri tempi.
E che dire di Giuseppe Conte, il «fortissimo punto di riferimento della sinistra moderna». Urla contro condoni e rottamazioni. E poi non si accorge (al pari di Saumahoro) che compagna e suocero hanno inseguito freneticamente gli sconti fiscali grazie alla pace fiscale e alle rottamazioni cavalcate da Salvini. E l'avvocato non si sarà accorto nemmeno che di poveri non c'era traccia a Cortina, località scelta per rigenerarsi nelle pause natalizie. Nel Movimento, Conte è in buona compagnia: il suo mentore, Beppe Grillo, è infuriato per l'abolizione del reddito di cittadinanza. Una furia che gli frutta 25mila euro al mese: 300mila in un anno. È la «consulenza francescana» che Grillo si pappa per scrivere due post sulla povertà.
Il mito di tutti i poveri d'Italia è Nicola Fratoianni: un comunista vero. Di quelli duri e puri, che alla prima occasione si è portato (con lui) in Parlamento la moglie Elisabetta Piccolotti. Doppia entrata. Doppio stipendio da parlamentare. Povertà (in famiglia) azzerata. Ditelo a Fassino come si fa per arrivare a fine mese. Fratoianni non è il solo. Dario Franceschini, mente dell'ascesa di Schlein al timone del Pd, è stato più scaltro.
Lui se ne è andato al Senato. La moglie, Michela Di Biase, l'ha piazzata alla Camera. Furbata. Doppio stipendio e casa in Sardegna garantita. I poveri possono dormire sonni tranquilli. Con questi «paladini» resteranno in povertà tutta la vita.
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