Da Manfred Weber, appena eletto presidente del Ppe dal congresso di Rotterdam, arriva un elogio a Mario Draghi, grazie al quale «l'Italia è tornata al tavolo della Ue con un ruolo centrale» (a differenza, è il sottotesto, che con il suo predecessore Giuseppe Conte). E un severo altolà alla diplomazia fai-da-te dei filo-putiniani alla Salvini: l'eventuale dialogo con Mosca «è responsabilità dei capi di governo», e «non può essere una piattaforma di campagna politica».
L'europarlamentare della Cdu-Csu tedesca Weber, che guida il gruppo Popolare al Parlamento di Strasburgo e che manterrà il doppio incarico, era l'unico candidato alla sostituzione del polacco Donald Tusk. L'Italia incassa la riconferma alla vice-presidenza del coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani, salutata dai ministri Brunetta e Gelmini e da Silvio Berlusconi, assente a Rotterdam: «Un'elezione che ci rende particolarmente orgogliosi, e che è la conferma della grande qualità del lavoro che ha svolto in questi difficilissimi anni». Il neo-presidente Ppe non si nasconde le difficoltà: «Non è il momento migliore della nostra storia», dice, auspicando una «rimonta» che porti i Popolari a «scrollarsi di dosso la morsa tra populisti di destra e centro liberale». Ma quella del Ppe, ricorda, rimane la più grande famiglia politica europea, e quella che in questi «tempi critici» di sfide difficili, dalla guerra alla crisi economica, ricopre due delle cariche più importanti nella Ue: la presidenza della Commissione con Ursula von der Leyen e quella dell'Europarlamento con la maltese Roberta Metsola, che in un applauditissimo intervento ha ricordato: «Siamo il partito dell'Europa. E non è un caso che per la prima volta due donne guidino queste istituzioni, e che entrambe veniamo da questo partito».
L'ipotesi di un mandato bis per Ursula von der Leyen è stata affacciata proprio da Tajani: «Se andiamo verso il sistema degli Spritzenkandidaten, lei potrebbe essere il candidato ufficiale dei Popolari alle elezioni del 2024, e credo che avrebbe buone chance di trainare la coalizione, perché servono candidati conosciuti ovunque» e capaci di attrarre consensi. Con l'obiettivo, annunciato da Weber, di «rimanere il primo gruppo» nell'Europarlamento, e possibilmente di «aumentare» il numero dei seggi. L'intervento vibrante di von der Leyen a Rotterdam, del resto, ha avuto toni già da campagna elettorale: l'Europa, ha detto la presidente della Commissione, non è solo «il più grande mercato unico del mondo», ma è anche e soprattutto «la guardiana dei nostri principi e valori universali: crediamo in una democrazia che non sostiene i pochi ma i molti, nella dignità di ogni singola persona, nello Stato di diritto». Valori «non scontati», che oggi la Russia di Putin «sta tentando di schiacciare in Ucraina con i carri armati». Per questo «il Ppe deve fare di tutto perché Putin fallisca e la libertà prevalga».
E non è un caso che ospiti d'onore del congresso di Rotterdam fossero due ex premier ucraini come Tymoshenko e Poroshenko, e che il neo-eletto Weber abbia attaccato con toni duri sia la linea ondivaga del Cancelliere socialista tedesco Olof Scholz che «le forti reti filo-russe» del suo predecessore Schroeder.
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