La priorità per i profughi? Un corso sulla Resistenza

Una onlus offre corsi gratuiti «per una cultura di pace». Ma c'è chi dice: «Io voglio solo lavorare»

I profughi? Devono conoscere la storia della Resistenza. Al movimento Shalom devono aver preso molto sul serio le parole della presidente della Camera. «Molti dei giovani immigrati che arrivano in Italia nei loro Paesi sono partigiani», aveva detto Laura Boldrini il 25 aprile, festeggiando la Liberazione.

Loro, i volontari della onlus fondata a Santa Croce sull'Arno dal sacerdote Andrea Cristiani «per diffondere una cultura di pace, tolleranza e solidarietà verso gli ultimi della Terra», nel giro di pochi mesi sono passati dalle parole ai fatti. E nei progetti formativi predisposti nel settore dell'accoglienza hanno inserito come materia di studio la «storia della resistenza italiana ed il ruolo dei giovani per conquistare la libertà e la democrazia».

Sin qui ai migranti era stato proposto di tutto di più, quasi sempre contando sulla generosa elargizione di fondi pubblici: a Bergamo dal 2014 sono attivi corsi di formazione «in estetica, agricoltura, elettronica, ristorazione, legno e meccanica». A Napoli, appena qualche giorno fa, l'Università Orientale ha abolito le tasse universitarie per i richiedenti asilo intenzionati a conseguire una laurea. E per velocizzare il reinserimento sociale dei rifugiati, l'Aci ha organizzato per loro corsi di guida sicura, finendo per questo nel mirino del M5S, in campo a chiedere lumi «sulla funzione sociale dell'Automobile Club e sulle effettive priorità dei richiedenti asilo». Incidenti di percorso – è il caso di dire - che non hanno frenato la corsa all'ingegno.

Del resto, come ha stabilito pure l'Anpi nel suo ruolo di vestale della memoria partigiana, «i rifugiati vanno accolti nella logica dell'inclusione e del rispetto degli impegni sottoscritti a livello europeo». Tra i quali, col rango di imprescindibile requisito per una perfetta integrazione, figura probabilmente (sebbene all'insaputa dei più) pure la conoscenza della Resistenza. Forse tutta intera, comprensiva del contributo dato anche dalle formazioni cattoliche e liberali, solitamente ignorato a sola gloria delle brigate di ispirazione comunista, o magari depurata di eccidi e nefandezze commessi in nome della libertà. Più o meno necessari come in ogni guerra, eppure sempre negati. La certezza è che il corso si farà.

A Fucecchio, dal 19 ottobre e per 3 mesi, 2 mattine a settimana. Ne saranno beneficiari - gratuitamente, ça va sans dire - 150 giovani migranti accolti dagli enti promotori, ovvero i Comuni di Fucecchio, San Miniato, Montaione, Castelfranco di Sotto, Montopoli, Santa Croce sull'Arno. Il programma formativo prevede lo studio di sociologia della pace, teoria dello sviluppo dei popoli, educazione civica, ma pure laboratori di cucina, sartoria, teatro, informatica. E naturalmente, come obiettivo irrinunciabile, la storia della Resistenza. «Un capitolo fondamentale del Paese che li ospita», spiegano dalla Shalom, sorvolando sul malessere già palesato da molti dei potenziali alunni.

«Seguirò il corso di cucina, perché quello potrà darmi da vivere», dice Shah Mufti, sbarcato in estate in Sicilia dal Bangladesh. «Sono un autista. Mi interessa solo lavorare», taglia corto Sikandar il pachistano. Per loro, la Resistenza può aspettare.

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