Pierpaolo Bombardieri, segretario generale Uil, cosa pensa del dibattito sul salario minimo?
«È importante che se ne parli perché siamo convinti che in Italia ci sia un problema che riguarda i lavoratori dipendenti, i pensionati, le piccole partite Iva che negli ultimi due anni hanno perso almeno il 10% del potere d'acquisto. È fondamentale importante dare loro una risposta anche per fare ripartire. Ci sono diversi strumenti per raggiungere l'obiettivo»
.
Quali sono?
«In primis, il rinnovo dei contratti scaduti che interessa circa 3,5 milioni di dipendenti pubblici e almeno altri 3 milioni in settori importanti come i servizi della ristorazione e gli alberghi. Abbiamo fatto una proposta al governo che è quella di detassare gli aumenti contrattuali in modo che questo possa diventare un incentivo per le parti alla chiusura dei contratti. Per favorire la produttività occorre poi detassare totalmente la contrattazione di secondo livello, per settore, per filiera, per territori».
E poi?
«Poi c'è il salario minimo che è una risposta a due problemi. Il primo è fermare quelli che definiamo contratti pirata che sono sotto quella soglia. Il secondo è dare una risposta al lavoro povero perché anche alcuni contratti firmati da Cgil, Cisl e Uil sono sotto quella soglia anche perché spesso le parti non si siedono al tavolo con noi. Un intervento da parte del governo potrebbe stimolarle».
Dunque, un'applicazione ridotta.
«Il salario minimo deve coincidere con i minimi contrattuali dei contratti maggiormente rappresentativi. Per fare questo non c'è bisogno di una discussione politica, basta guardare i numeri. Anche nella direttiva Europea il l'obiettivo da raggiungere è quello dell'applicazione dei contratti nazionali che ovviamente danno molte più garanzie rispetto alla paga oraria. La grande maggioranza dei contratti che abbiamo firmato con Confindustria è sopra quella soglia. Quindi bisognerebbe fare una discussione più ampia, superando gli steccati ideologici e, in qualche caso, anche la propaganda».
Il governo intende agire su due fronti. Il primo è quello della riforma fiscale con riduzione del prelievo e taglio del cuneo fiscale.
«Abbiamo dato atto al governo di aver fatto una scelta, ma siamo preoccupati che quel taglio sul cuneo fiscale diventi stabile e che si possa applicare anche a redditi superiori a 25mila euro. Insomma, auspichiamo che diventi stabile. Quando noi parliamo di detassazione dei salari o della contrattazione di secondo livello, vorremmo che finisse l'era dei bonus, vorremmo interventi strutturali senza doverli ridiscutere a ogni manovra. Soprattutto, adesso che c'è un governo politico che ha un orizzonte di 4-5 anni».
Il secondo è la partecipazione dei lavoratori agli utili e alla gestione delle imprese.
«Noi abbiamo da sempre sostenuto la partecipazione non nei cda, ma nei consigli di indirizzo e vigilanza. Perché quando si entra nei consigli amministrazione, se c'è una perdita, i lavoratori che vengono rappresentati, partecipano alla perdita?».
Se la Cgil proclamasse lo sciopero generale, cosa fareste?
«Non abbiamo
mai abbandonato il tavolo, né mai lo faremo. Però siamo abituati a misurare le scelte del governo e le risposte alla piattaforma unitaria con Cgil e Cisl. Valuteremo Nadef e manovra e decideremo il comportamento da tenere».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.