C'è preoccupazione nel mondo italiano del vino per la possibilità concreta che oggi l'europarlamento di Strasburgo voti la direttiva che - stabilendo che l'alcol favorisce il cancro a prescindere dalla quantità assunta - parificherebbe un bicchiere di buon rosso a quattro Gin tonic dopo cena.
Naturalmente viticoltori e addetti ai lavori sono preoccupati. «Il cancro è la malattia del secolo, ma non ci sono dati per condannare il vino - spiega a Winenews Luigi Moio, presidente dell'Oiv, Organizzazione internazionale della vigna e del vino, e professore ordinario di enologia presso il dipartimento di Agraria dell'Università Federico II -. Dal punto di vista scientifico non ci sono abbastanza dati per condannare il vino e metterlo sullo stesso piano di tabacco e superalcolici». «Il primo obiettivo - aggiunge il vicepresidente Unione italiana vini e presidente dell'Associazione europea Wine in moderation, Sandro Sartor è quello di evitare che oggi diventi una data spartiacque per il futuro del vino italiano ed europeo. Senza la fondamentale distinzione tra consumo e abuso, tra diversi contesti e modelli di consumo lo scenario che si delineerebbe per il settore sarebbe disastroso sul piano socio-economico».
Le decisioni che arriveranno da Bruxelles e da Strasburgo potrebbero creare importanti danni all'intero comparto del vino, del quale l'Italia è il primo produttore mondiale, con 49.066.000 ettolitri nel 2021 (in Francia sono 46.944.000) ed esporta per 7 miliardi di euro l'anno. Non solo: il mondo del vino dà lavoro, in un modo o in un altro, a 1,3 milioni di italiani. Secondo l'Uiv se oggi il Cancer Plan dovesse essere approvato senza i necessari correttivi, l'industria deil vino italiano potrebbe subire un danno enorme, con una contrazione dei consumi stimabile attorno al 25/30 per cento in termini di volume e del 35 per cento in termini di valore. Ci sarebbero anche un effetto svalutazione degli asset investiti e molti danni per l'indotto.
Quanto ai consumatori, saranno costretti a pagare di più un prodotto probabilmente di minore qualità, perché le maggiori accise spingeranno i produttori a scelte più scadenti. Complessivamente si stima una contrazione del margine lordo alla produzione del 50 per cento, con migliaia di aziende agricole che scompariranno.
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