«Una democrazia dove c'è conflitto tra chi accoglie e chi viene accolto è una democrazia a rischio». A sinistra il solo a capirlo, il solo a profetizzare il dramma di Macerata, era Marco Minniti. Tra giugno e agosto mentre lavorava per ribaltare le politiche dell'accoglienza avviate dai suoi compagni di partito il ministro lo ripeteva a piè sospinto. Ma nessuno a sinistra si degnava d'ascoltarlo. Né tantomeno di riflettere sul significato di quelle parole. Prigionieri della propria demagogia i «compagni» di Minniti non si preoccupavano della tenuta democratica del paese. Si preoccupavano, piuttosto, di fargli la guerra. E lo facevano persino dall'interno dell'esecutivo. A guidare l'ammutinamento ci pensò il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, grande sabotatore di tutte le iniziative di un Minniti deciso a cancellare le collusioni tra Ong e trafficanti di uomini. E a rendere ancora più esplicito il fuoco amico intervenne Andrea Orlando. «Non credo sia in questione la tenuta democratica del Paese per pochi immigrati rispetto al numero dei nostri abitanti. Non cediamo alla narrazione dell'emergenza perché altrimenti creiamo le condizioni per consentire a chi vuole rifondare i fascismi di speculare», sentenziò il ministro della Giustizia in un discorso, metro oggi della sua lungimiranza politica. Così - mentre il governo del Pd emarginava Minniti - i suoi ex compagni pendevano dalle labbra di saltimbanchi come Vauro intenti a spiegare che in Libia «il ministro ha consegnato degli esseri umani ai torturatori».
A sei mesi di distanza le tragedie di Macerata sono la cartina di tornasole di quella miopia. Ma consentono anche di distinguere tra quanti a sinistra preferiscono come Minniti guardare all'interesse dell'Italia e dei suoi cittadini e quanti - e sono purtroppo la maggioranza - rimangono al palo di una cieca ideologia alimentando un clima di divisione capace di mettere a rischio l'assetto del Paese. Spronati da una testata come Repubblica e da demagoghi come Roberto Saviano resuscitano i fantasmi del fascismo e cercano di riportare l'Italia al passato. E ignorano le parole di un ministro dell'Interno prontissimo nel sottolineare come la tentata strage di migranti, seguita all'uccisione e allo smembramento di una diciottenne, sia un'«iniziativa individuale» mentre nulla «faccia pensare ad una iniziativa organizzata».
Parole che per un ministro sono il minimo dell'onestà intellettuale, ma sono il metro dell'indecenza di quanti a sinistra e nel governo ricorrono a trite liturgie antifasciste per coprire il disastro sociale generato da dissennate politiche dell'immigrazione e dell'accoglienza.
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