Proietti difende Roma: "Così ho affrontato il New York Times"

L'attore rivela: "Ho chiesto alla corrispondente il perché delle critiche. Oltre alle denunce ora servono proposte"

Proietti difende Roma: "Così ho affrontato il New York Times"

Sono tre giorni che il telefono di Gigi Proietti squilla ininterrottamente. E lui, invece di dire «pronto», esclama: «Per carità: non parlatemi di Roma!». Brutto guaio, rappresentare nell'immaginario collettivo l'incarnazione stessa della Città Eterna. Eppure, in barba alle premesse, il popolarissimo attore proprio non ce la fa, ad evitare di difendere la città della quale è l'emblema. E che semplicemente adora. «Dei problemi di Roma si parla da sempre. Solo che una volta lo si faceva scherzando; oggi coi dolorosi toni della disperazione». Allora perché il problema esplode proprio adesso, all'improvviso, e con tanto scalpore? «Tutta questa storia dell'articolo del New York Times mi pare un po' sospetta. Pare quasi che qualcuno abbia detto “pronti, via!”, dando così la stura al livore anti-romano che la più bella città del mondo si porta dietro, da sempre».

Intendiamoci: Proietti non minimizza né ignora i guai della Capitale «che sono enormi ed annosi. E non accuso nemmeno, come sarebbe facile fare, gli stranieri che prima criticano, e poi si comportano a Roma come mai farebbero a casa propria. Ce li avete presenti, gli hooligans olandesi a piazza di Spagna? Del resto, si sa: Roma è generosa. Sono secoli che accoglie chiunque; anche chi la oltraggia e la offende». Quel che Proietti non digerisce sono le critiche per partito preso. E soprattutto fini a se stesse. «Ho parlato con la corrispondente del New York Times che ha pubblicato il famoso articolo. “Perché l'avete fatto?”, le ho chiesto. “Perché Roma è del mondo”, mi ha risposto. Bene. Allora, se è del mondo, è anche del suo giornale. Il quale, oltre a denunciare, avrebbe forse potuto fare proposte costruttive, dettate da amore per la nostra città, e non solo da quello per lo scandalo».

Secondo l'attore, infatti, il problema del degrado capitolino non è solo politico, o strutturale, o organizzativo. «È soprattutto culturale. E non riguarda solo i romani o il loro sindaco. Riguarda tutto il Paese. Perché Roma non è solo una città: è un tesoro dell'umanità intera. È un patrimonio comune. Così, se ognuno di noi si prendesse una fetta di responsabilità verso questo tesoro, se ognuno cercasse di viverlo rispettandolo, invece di limitarsi a criticare o a lamentarsi, credo che molte cose cambierebbero». In questo senso, fa notare Proietti, andava inteso anche il famoso tweet di Alessandro Gassmann, «che era una provocazione costruttiva. E non, come invece è stato letto, una considerazione demagogica». Certo: il suo appello a maggiori consapevolezze e responsabilità comuni non consente di entrare nel dettaglio. «Ora non chiedetemi come si fa a rimettere in sesto l'Atac; come evitare i cumuli di mondezza o le strade colabrodo. Io mi dichiaro pronto a fare qualcosa. Ma posso mettermi a disposizione solo in quel che so fare.

Per Roma ho aperto due teatri; ogni estate propongo Shakespeare nelle forme più popolari e divulgative; cerco di offrire il meglio di me a chi vive in questa città - e quindi alla città stessa. Proviamo ad impegnarci tutti, ciascuno nel proprio campo. E ne sono certo: le cose cambieranno».

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