Gli psicologi: "La famiglia perfetta non esiste, meglio l'equilibrio"

Il dibattito su genitori e figli: bisogna riconoscere fragilità e bisogni. E se ci si separa "non finisce tutto"

Gli psicologi: "La famiglia perfetta non esiste, meglio l'equilibrio"
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Il sospiro di sollievo arriva subito: la perfezione non è richiesta e «un mondo perfetto non esiste perché non può evolvere». Lo dice Empedocle, lo ripete Elena Ortolan, psicoterapeuta ed esperta in psicologia giuridica e tutela dei minori. È il punto di partenza di «Una famiglia quasi perfetta», titolo che di per sé esemplifica l'approccio per sviscerare «conflittualità familiare e separazioni difficili: strumenti, strategie, riflessioni per comprendere e migliorare», che è poi la traccia dell'evento organizzato da Dike Psiche - studio di professionisti di assistenza legale e psicologica - a Seregno, in Brianza. «Il paradosso sta nel fatto che ciò che è imperfetto può insegnare a crescere», prosegue Ortolan. Anche nel mosaico di nuclei tradizionali, allargati, monoparentali, adottivi, affidatari, arcobaleno o interetnici. «L'equilibrio è più importante del denaro, del vestito o della vacanza», interviene in video la psicoterapeuta Maria Rita Parsi, ammonendo sulla necessità di fornire a famiglie e scuola gli strumenti di supporto psicologico adeguato. Anche perché, «spesso i genitori ripetono errori dei loro genitori e li rovesciano sui figli». A maggior ragione, per affrontare una separazione serve sapersi muovere con consapevolezza: «Il bambino piccolo vive di egocentrismo», contestualizza Federica Trentin, psicoterapeuta clinica forense, «ed è importante capire che separarsi non è dividere. I bambini vivono di supereroi e antagonisti, di bianco e nero. Ma la famiglia quando si separa non finisce, cambia forma. Per i bambini resta sempre la loro famiglia: se la disegnano, disegnano i componenti uno accanto all'altro». Riconoscere le fragilità e i bisogni, ma anche prendere le misure con le risorse, è ancora più importante nella fase adolescenziale. Quando alla porta bussano rabbia e frustrazione, tristezza, ansia e rischi di depressione, difficoltà nelle relazioni affettive e «conflitti di lealtà, di chi sceglie di non fare pace con un genitore per non rischiare di fare torto all'altro», argomenta Deborah D'Andrea, consulente del Tribunale dei minorenni di Milano, annotando che «il 20% degli adolescenti ha genitori separati».

Considerazioni, inevitabilmente, connesse a risvolti normativi che partono da un presupposto: il minore è soggetto debole e soggetto di diritto, centrale per il legislatore come per lo psicologo. Così come, innanzitutto, dovrebbe esserlo per il genitore. Perché, sintetizza la psicologa Isabella La Spina, «avere dei figli implica una rinuncia al narcisismo».

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