Lo definiscono l’ideologo della Lega (linea liberal-federalista), ha creato il think tank Lettera 150 (dal numero dei professori universitari cofondatori), è stato allievo di Miglio, senatore per An e per il Pdl, è un grande esperto di università e ricerca. Dal 2013 manca dal Parlamento e solo Matteo Salvini lo ha convinto a ritentare. Il professor Giuseppe Valditara ha un’idea precisa di Paese, ben espressa nel suo libro “È l’Italia che vogliamo”, prefazione di Salvini, un testo che la Lega ha preso come manifesto per queste elezioni.
Professor Valditara, le fa piacere essere stato definito l’ideologo di Salvini?
Non esistono ideologi. Salvini ha apprezzato il libro scritto da me con Alessandro Amadori e con il contributo di idee di ben 60 importanti professori universitari proprio perché avanziamo una serie di riflessioni e di proposte concrete per rilanciare l'Italia: dalla ricerca alla pubblica amministrazione, dalla giustizia alla sanità, dalla sicurezza alla scuola, dalla politica estera all'immigrazione. Soprattutto è un libro che contiene una visione della società e riflette sulle 4 grandi questioni centrali per lo sviluppo del Paese: la questione federale , ovvero della competitività e modernizzazione dei diversi territori; quella liberale, cioè la riduzione della pressione fiscale e il taglio della burocrazia; la questione della sovranità popolare e dunque di una democrazia compiuta; la questione repubblicana, cioè la necessità di ricostruire un senso di comune appartenenza ad una res publica nella condivisione dei grandi valori costituzionali, senza nemici da abbattere, ma avversari con cui confrontarsi.
I temi dell’energia sono in primo piano in questa campagna elettorale.
Ci sono tre elementi su cui riflettere: gli errori del passato, cosa fare oggi e la visione del futuro.
Partiamo dal passato.
La dipendenza dal gas russo non nasce per caso. Nel 2010 col governo di centrodestra le importazioni non raggiungevano i 15 miliardi di metri cubi, la quantità più bassa dal 1997. Sotto il governo Letta le importazioni dalla Russia schizzano a 28 miliardi di metri cubi, 45,3% ed è da qui che inizia la nostra dipendenza economica da Mosca. Nel 2017 si tocca la cifra record mai raggiunta prima di 33 miliardi e 650 milioni di metri cubi.
Una dipendenza energetica causata anche dai no ideologici?
Aver rinunciato al gas dell’Adriatico e del Mediterraneo è stata una scelta sbagliata. La politica dei no ci ha portato a questa situazione.
E il nucleare?
Aver abbandonato il nucleare è un altro errore. Siamo circondati da Paesi dipendenti dall’energia nucleare ma noi siamo rimasti fuori. Questi sono gli errori del passato.
Quindi che fare oggi?
Sono a rischio chiusura 880mila imprese artigiane, Confcommercio ha stimato che negli ultimi anni il costo dell’energia per le imprese è aumentato del 1000% e il gas del 900%, siamo in una situazione di straordinaria emergenza e per alcuni aspetti anche più grave del Covid. Serve ora una nuova manovra di aiuti per almeno 30 miliardi di euro per ridurre le bollette energetiche, altrimenti salta tutto il sistema. Se saltasse avremmo delle macerie da gestire: imprese chiuse, disoccupati, crollo della produzione, filiere che rischiano di sparire o cadere in una crisi gravissima.
Le politiche forzatamente “green” della sinistra (tutto elettrico) rischierebbero di consegnarci mani e piedi alla Cina?
Dobbiamo considerare che la Cina produce il 79% dei giga watt di batterie, gli Stati Uniti il 6%, la Germania l’1,6%. E l’Italia? Non pervenuta. Non è facile produrre batterie: occorre sbarcare sui mercati delle terre rare e la Cina ha egemonizzato quel mercato. Il pericolo adesso è di passare dalla dipendenza energetica dalla Russia, alla dipendenza dalla Cina per le batterie elettriche.
Cosa dovremmo fare per il futuro?
Eolico e solare non saranno mai sufficienti perché non garantiscono la copertura sulle 24 ore. Dobbiamo tornare a sfruttare le risorse di gas nostre e del basso Mediterraneo, puntare sul nucleare di quarta generazione che è assolutamente sicuro e meno inquinante delle energie rinnovabili. Una politica green intelligente dovrebbe incoraggiare uno stanziamento di risorse per avviare una riconversione produttiva dal termico all'elettrico, prima di imporre il bando delle auto a benzina e diesel e una formazione delle maestranze per evitare di distruggere una parte importante del nostro sistema industriale. È necessario creare i presupposti per la nostra indipendenza già da adesso. Il problema vero è che non c'è una visione strategica ispirata al buonsenso.
Lei manca dalla politica attiva dal 2013, oggi è candidato al Senato con la Lega in plurinominale Como-Lecco-Sondrio-Varese-Monza. Cosa l’ha convinta?
L’idea che Salvini mi propose a febbraio: lanciare la sfida delle competenze, nella consapevolezza che il Paese ha bisogno di una politica che abbia visione strategica, immaginando quale sarà l'Italia da qui a 10 anni, puntando sulla conoscenza.
Solo così possiamo dare un contributo alla rinascita e al rilancio dell’Italia. Mobilitare tutte le intelligenze nei diversi settori per cercare di capire cosa possiamo fare per il bene del Paese, è una sfida molto appassionante.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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