Putin e la tentazione pericolosa dell'atomica

Mosca minaccia l'uso dell'arsenale atomico. E usa Chernobyl come spauracchio

Putin e la tentazione pericolosa dell'atomica

Putin l'ha sempre sostenuto e confermato almeno dieci volte negli ultimi mesi negli incontri con studenti, militari, diplomatici e giornalisti: l'uso delle armi nucleari nelle prossime guerre sarà necessario e decisivo. E quando un giovanotto gli ha chiesto: «Ma se le usassero anche loro e fossimo colpiti?», Putin ha alzato le spalle: «Andremo tutti i Paradiso». Per il suo tipo di formazione, morire e uccidere sono cose pessime e non si vede perché un tipo di morte sia peggiore, distruggendo così il dogma dell'«equilibrio del terrore» che ha permesso di evitare guerre che si sarebbero risolte senza vincitori né vinti. Così Putin ha rivoluzionato l'arte della guerra fin dalle premesse. Intanto, ha modernizzato il carro armato che era stato quasi abbandonato dagli occidentali. I suoi «T10» sono meraviglie tecnologiche.

Ma la vera bomba è la bomba. Atomica, ma di precisione quasi assoluta. In queste ore si guarda molto al caso di Chernobyl, dove giacciono sepolte e radioattive le macerie del disastro. E i russi hanno saputo gestire l'aspetto emozionale per ingaggiare una guerra delle cifre sulla pericolosità attuale del luogo ormai sacro.

Gli americani non sono rimasti indietro. Ma se dispongono di un armamentario di armi nucleari non esibite, Putin le sbandiera, le anima e agisce sull'inconscio collettivo: poiché l'importante è sopravvivere, l'arsenale russo mira a produrre il desiderio di arrendersi. Questa è una condotta basata sulla conoscenza delle emozioni che vale tanto quanto quella dei megatoni. I missili spiegati in Bielorussia nei giorni scorsi hanno capacità incredibili, velocità mai viste, possibilità di colpire con precisione a diecimila chilometri usando vettori che liberano grappoli di bombe capaci di scegliere il percorso con i computer di bordo sfuggendo a ogni intercettazione.

Dal paleolitico in poi, l'arte della guerra è consista nel perfezionamento delle armi basiche: la lancia e lo scudo. Dopo la Seconda Guerra mondiale gli Stati occidentali si sono dedicati più allo scudo: come neutralizzare e intercettare, dando preferenza a ciò che può servire per proteggere gli obiettivi civili e militari e usare missili capaci di intercettare i missili in arrivo e neutralizzarli. Putin ha dato prova di non credere a questa teoria, ma piuttosto all'altra: colpisci, colpisci per primo, colpisci in modo che il nemico sia annichilito. Infischiatene delle conseguenze.

Avendo a disposizione il più grande territorio del mondo, esteso più o meno da dove finisce la Germania a dove comincia il Giappone, Putin ha ottimizzato i tempi e gli spazi: ha organizzato le più grandi esercitazioni militari dalla fine della Guerra fredda e ha inserito in queste una vera operazione militare, in Ucraina, preparando anche tutte le risorse militari necessarie nel caso che per errore o per scelta il conflitto locale dovesse fare l'upgrade di livello bellico superiore. Se la Nato intervenisse, tutto sarebbe già pronto per rispondere. L'unico leader europeo che si sia messo sulla stessa lunghezza d'onda di Putin è stato il premier inglese Boris Johnson, il quale ha detto, creando grande scandalo, che secondo lui occorre preparare una risposta militare alle azioni russe. Che cosa può significare una tale affermazione che non riguarda la Nato, ma solo il Regno Unito? Significa mettere le testate nucleari nel primo stadio di allerta.

La dottrina di Putin ha un fondamento politico: a suo parere la fine dell'impero russo è stata determinata dalla paura della

reciprocità distruttiva, l'ossessione degli anni Settanta e Ottanta. Basta uscire da quell'ottica e riavvolgere il nastro, per veder tornare nell'orbita di Mosca tutte le buffer zone, gli Stati cuscinetto e le zone d'influenza.

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