Quando Grillo faceva il tifo per Trump e invitava il popolo alla marcia su Roma

Eletto "the Donald", l'ex comico esultò: un Vaffa day pazzesco. Contro il bis di Napolitano al Colle nel 2013 voleva assediare Montecitorio

Quando Grillo faceva il tifo per Trump e invitava il popolo alla  marcia su Roma

Beppe Grillo ha il buon gusto di tacere, così come Alessandro Di Battista. Gli altri, da Luigi Di Maio a Vito Crimi condannano la violenza con varie sfumature di durezza, ma senza nominare Donald Trump. Il meglio come sempre lo dà Danilo Toninelli che condanna «l'assalto dei sostenitori pro-Trump» azzardando un'analisi: «È la dimostrazione di quanto possano essere devastanti le fakenews». Un grave caso di facciadibronzismo.

Se le politiche sovraniste indubbiamente accomunano The Donald a Lega e Fdi, il parente italiano più prossimo del trumpismo, come metodo di lotta e propaganda politica, è il grillismo. E non è una teoria politologica, ma una dichiarazione esplicita firmata di proprio pugno del fondatore del Movimento 5 stelle. Beppe Grillo è stato tra i fan più entusiasti del presidente Usa. Il giorno dell'elezione alla Casa bianca non si teneva: «Trump ha fatto un Vaffa Day pazzesco». Sulle mura di Capitol Hill i facinorosi invasori hanno lasciato una scritta: «Murder the media», assassinare i media. La diffidenza verso la stampa «ufficiale», intesa come quella che non è gestita direttamente dal Movimento o da suoi sostenitori, è nel Dna pentastellato fin dagli albori. Non a caso, è il primo aspetto messo in evidenza da Grillo per celebrare Trump: «È la deflagrazione di un'epoca, l'apocalisse dell'informazione, della tv, dei grandi giornali, degli intellettuali, dei giornalisti».

Niente di strano: la fortuna di Grillo è costruita sulla paziente costruzione di una vasta audience per il suo blog. A colpi di fake news, soprattutto di tipo parascientifico, come il famoso «pomodoro antigelo», creatura mitologica metà ortaggio e metà pesce, fabbricato in laboratorio e reo, a sentire Grillo, di decine di morti per allergia. I grillini potevano vantare un'intera corrente complottista, quella delle scie chimiche e dei chip impiantati in ciascuno di noi. Una valanga di bufale che divenne metodo di propaganda. Il sito di news americano Buzzfeed ricostruiva l'esistenza di una rete di siti e pagine facebook con centinaia di migliaia di fan che costituivano la principale fonte italiana di mistificazioni e falsità, tutte allineate alle posizioni pentastellate.

Ora ovviamente al M5s torna comodo dimenticare come ha costruito la propria ascesa, così come agli alleati di governo che all'epoca denunciavano con foga il fenomeno. Eppure il parallelo con il trumpismo è così stretto che proprio i grillini si sono resi protagonisti di una tentata marcia sul Parlamento. E proprio con lo scopo di non riconoscere la sconfitta in un'elezione, quella del capo dello Stato. Era il 20 aprile 2013 e Giorgio Napolitano veniva confermato presidente della Repubblica al termine di un travagliato procedimento elettorale che escludeva il candidato gradito ai grillini, Stefano Rodotà. L'M5s lanciava fulmineo sui social l'hashtag #TuttiaRoma e Grillo usava parole pesanti per chiamare il suo popolo a presidiare Montecitorio: «È in atto un colpo di Stato. Dobbiamo essere milioni». Proprio come Trump, sui social l'M5s invitava a evitare violenza e provocazioni, ma fu Rodotà (e i blindati della polizia) a gelare l'iniziativa: «Sono contrario a qualsiasi marcia su Roma». La folla accorse sul serio, ma la gestione dell'ordine pubblico fu decisamente migliore rispetto a Capitol Hill: il corteo venne allontanato dalla Camera.

Era l'epoca in cui il M5s voleva aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno. Poi invece ci si è aggrappato come un granchio e ha messo da parte certi toni. Alcuni nel Movimento li rimpiangono. Altri nel Pd li rimuovono.

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