Avrebbe potuto essere il suo trionfo. Lei, presidente del Consiglio donna, forte di una vittoria contro Cosa nostra in quanto premier nel momento in cui la lotta alla mafia ha centrato il risultato dei risultati, la cattura di Matteo Messina Denaro, a Palermo a ricordare Paolo Borsellino. E per di più, come lei stessa ha sottolineato qualche giorno fa, presente a una delle manifestazioni che da 30 anni è da sempre appannaggio della destra, la fiaccolata che dalla Statua (al secolo piazza Vittorio Veneto), la sera del 19 luglio, sfila lungo via Libertà e raggiunge via Mariano d'Amelio. Armata solo di fiaccole, e di magliette con la scritta «Meglio un giorno da Borsellino che cento anni da Ciancimino». Ogni tanto anche dello striscione: «Spazziamo via la mafia dell'antimafia». Cosa sua, questa manifestazione, una sfilata che da leader di destra ha fatto tantissime volte. Eppure Giorgia Meloni no, non ci sarà. Perché quelli che l'antimafia è cosa loro e basta, hanno deciso che no, in quanto premier di un governo che per di più vuole riformare la giustizia, meglio che non si faccia vedere.
Che poi. La sinistra che lancia l'altolà alla premier di destra a partecipare alla manifestazione della sua parte politica sfiorerebbe il comico, se non fosse tragico. Certo, la premier è in buona compagnia. Il divieto di presentarsi in via d'Amelio quest'anno è già stato esteso al sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, al governatore Renato Schifani, e a quelli che gli antimafiosi di professione chiamano gli «impresentabili» in quanto di altra parte politica. E nel 1994, quando era da poco premier, una mini-protesta in via d'Amelio toccò anche a Silvio Berlusconi. Il Cavaliere fece un blitz a sorpresa. Ma la sorella di Borsellino, Rita, a casa con un piede fratturato, non lo fece salire, parlarono soltanto al citofono.
A farsi portavoce del raus istituzioni, è stato Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, che con le sue «Agende rosse» da molti anni a questa parte si è appropriato delle manifestazioni in via d'Amelio. «Le esternazioni del ministro Nordio - ha dichiarato - al di là del loro esito, hanno mostrato la volontà di demolire la legislazione pensata da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino per dare alle forze dell'ordine, alla magistratura, alla parte sana della società, gli strumenti per combattere la criminalità organizzata». E a scanso di equivoci ha aggiunto: «Noi non facciamo contestazioni violente: se dovessero presentarsi persone non gradite, diremo la nostra. In via d'Amelio può venire chiunque, l'importante è che si venga come semplici cittadini, non come rappresentanti delle istituzioni. Altrimenti manifesteremo il nostro dissenso, alzando le nostre agende rosse e girandoci di spalle». E rivolto alla premier Salvatore Borsellino ha concluso: «Se avrò modo di incontrarla le vorrei chiedere come si concilia il suo entrare in politica dopo la strage di via D'Amelio e la morte di Paolo Borsellino e le esternazioni di un suo ministro che promette di smantellare la legislazione antimafia di Giovanni Falcone attaccando proprio l'articolo del concorso esterno in associazione mafiosa».
Dunque, Meloni no, ma Massimo Ciancimino invece sì, sarebbe da ricordare a Salvatore Borsellino. Già, perché nel 2014 fu proprio lui ad accogliere con baci e abbracci l'allora pentito chiave del processo sulla Trattativa Stato mafia. «L'ho fatto e lo rifarei», disse allora quando qualche polemica si sollevò. Poi Ciancimino è stato ritenuto inattendibile, il processo Trattativa è franato. Ma questa è un'altra storia.
Oggi in via d'Amelio (forse) ci sarà Elly Schlein.
Ci sarà anche Roberto Scarpinato, già pm di punta a Palermo, ora parlamentare dei 5 stelle e in quanto tale più che gradito. «Non vogliamo che ci siano avvoltoi in via d'Amelio, ipocriti che portino corone e onori fasulli», ha avvisato Salvatore Borsellino. Quelli che l'antimafia è cosa loro hanno avvertito.
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