Quegli intrighi da "House of cards" che tolgono il sonno a Enrico Letta

La serie sul potere Usa ossessiona l'ex premier: la cita in ogni intervista. Non ha digerito lo "stai sereno" e rivede Underwood nel suo successore

Quegli intrighi da "House of cards" che tolgono il sonno a Enrico Letta

Chi ha paura di Frank Underwood? Tutti quelli a cui qualcuno ha detto «stai sereno». E soprattutto Enrico Letta. Solo che il protagonista di House of Cards non ha il volto di Kevin Spacey, ma quella di Renzi. Matteo, per fortuna, è solo la cover di un personaggio immaginario, un po' come Pregherò sta a Stand By Me. Solo che Enrico ormai ha intrapreso una campagna culturale contro il cinismo della politica. È un'ossessione. Radicale. Battente. Ripetitiva. È una fissa. È una sindrome da serie tv troppo realistica. Renzi è ovunque e gioca alla playstation come Underwood. È il sottobosco della politica che si afferma come novello principe. È Machiavelli al tempo dei twitter. Questo pensa Letta e lo ripete urbi et orbi . L'ultima occasione è un suo articolo su Il Fatto Quotidiano. Ieri: «Meritiamo di più di House of Cards ». Cinque giorni fa: «Insegnerò l'antitodo a House of Cards ». Undici luglio: «Che squallore pensa di essere in House of Cards ». Venti aprile in Parlamento: «Io odio House of Cards ». Diciannove aprile da Fabio Fazio: «Io detesto House of Cards , la politica fatta di intrighi non mi appartiene». Tutto questo era già nel libro di Letta Andare insieme , andare lontano : «La mia idea di politica è molto diversa da quella di House of Cards , fatta di intrighi e spregio della parola».

Ci sono ferite che si rimarginano a fatica. Qualche volta la mente ricorre a una sorta di transfert per sopravvivere al colpo. Il giorno di San Valentino del 2014 Enrico Letta si è arreso. È caduto. Quella stesso 14 febbraio 2014 va in onda per la prima volta il trailer della seconda stagione di House of Cards . Frank Underwood sogghigna: «La macelleria ha inizio». Eccolo è lui. Ecco chi è Matteo Renzi.

Sostiene Underwood: «I congressi di partito sono così divertenti. Somigliano a un nido di cuculi. Sedetevi in fondo e godetevi la scena, mentre tutti cercano di farsi fuori gli uni con gli altri». Ora è chiaro che Renzi non tocca i picchi di cattiveria di Frank. È vero però che tutti e due non occupavano la prima fila. Ci sono arrivati in fretta, ma senza correre, scansando semplicemente gli altri. «Il potere è come il mercato immobiliare, quello che conta è la posizione». Erano chiaramente pericolosi, ma abbastanza sorridenti da sembrare mediocri. Altro particolare. Frank come Matteo non è passato dal voto e sta lì grazie alle dimissioni del predecessore. Underwood per tutto il tempo rassicura il presidente Walker: stai sereno Garrett.

Chissà, invece, come Letta vede gli altri personaggi della serie tv. In questo gioco di carte chi è Claire? Non è Agnese, la moglie di Matteo. Non fa politica. Qui il parallelo cade e l'unica che può reggere la parte è Maria Elena Boschi. Bisogna ammetterlo, qualcosa di Claire nella sua arte politica c'è. Come Claire è destinata da sempre a ruoli di potere. Era già ministro ai tempi dell'università. Dialogo tra Claire e Frank. «Si fanno abbindolare proprio tutti». «Da cosa?». «Dal reggiseno push up».

Alle spalle di un leader c'è sempre un mediano che lavora per lui, uno di cui ci si può fidare, che recupera i palloni, fa il lavoro sporco, risolve problemi, anni di fatica e botte e vinci casomai i mondiali. Il mediano di Frank è Douglas «Doug» Stamper, quello di Matteo a questo punto non può che essere Luca Lotti, in arte «Lampadina». Dicono sia stato lui a decretare il declassamento di Delrio. Tipico di Doug. Tutti quelli che Renzi ha usato e fatto fuori (politicamente) sono come il povero Peter Russo (che perde tutto, anche la vita). Remi Danton, inappagato lobbista, sembra uno da patto del Nazareno. Zoe Barnes, la giornalista che Frank usa per far passare le sue veline, è troppo giovane per fare in Italia la notista politica. E comunque non c'è più. Nella Washington di House of Cards i repubblicani sono poco più che ombre. Si sa che esistono, ma si vedono poco.

Magari ha ragione Enrico Letta, ma questo è solo un gioco.

Come dice Michel Dobbs, autore della trilogia che ispira H ouse of Cards : «Quando ho saputo che Renzi aveva comprato una copia del mio romanzo ho ritenuto prudente inviargli una nota: questo libro non è un manuale di istruzioni».

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