Il dossier che inchioda Arcuri: perché ha sprecato tre mesi

Il commissario all'emergenza coronavirus Domencico Arcuri avrebbe sprecato tre mesi senza riuscire a garantire all'Italia nuovi posti nelle terapie intensive

Il dossier che inchioda Arcuri: perché ha sprecato tre mesi

L'Italia sta facendo i conti con la seconda ondata di Covid-19 completamente impreparata, senza una strategia chiara per arginare la pandemia o contromisure adeguate, che pure erano state promesse dal governo giallorosso. I contagi hanno sfondato il tetto dei 10mila casi al giorno. Gli ospedali iniziano nuovamente a sentire la pressione, con il numero di posti in terapia intensiva insufficiente nel caso in cui la curva epidemiologica dovesse continuare a salire con questa rapidità. Eppure - come rivelato più volte da ilGiornale.it - chi doveva gestire questa delicata situazione, tra cui Domenico Arcuri, ha avuto tutta l'estate per prendere provvedimenti adeguati, così da evitare gli stessi errori della scorsa primavera, quando il Paese si presentò a combattere il virus in modo inadeguato.

Arcuri nell'occhio del ciclone

I riflettori sono puntati proprio su Domenico Arcuri, il "super commissario" nominato da Giuseppe Conte per l'emergenza coronavirus. Già finito nell'occhio del ciclone per la questione delle mascherine, secondo quanto riportato dal quotidiano Domani, Arcuri avrebbe sprecato tre mesi, senza riuscire a garantire all'Italia nuovi posti nelle terapie intensive.

Per quale motivo il nostro Paese si trova adesso con il fiato corto? A luglio – è la ricostruzione dei fatti offerta da Domani – il Ministero della Salute avrebbe trasmesso ad Arcuri i progetti delle Regioni. Il commissario, tuttavia, avrebbe dato le deleghe per i lavori soltanto il 9 ottobre, ovvero poco più di una settimana fa.

Detto altrimenti, i piani realizzati dalle Regioni per riorganizzare i vari ospedali sarebbero rimasti a prendere polvere sul tavolo di Arcuri per oltre due mesi. Non solo: in questi mesi, orientativamente da luglio a settembre, i reparti degli ospedali si erano svuotati grazie al rallentamento estivo della pandemia. Ed era proprio in una simile fase di calma che i lavori di ristrutturazione sarebbero potuti (e dovuti) partire.

Non è invece andata così, visto che le gare per i lavori sono partite soltanto a ottobre, quando l'Italia era già con un piede nella seconda ondata. Le Regioni che nel frattempo si sono attrezzate riorganizzando gli ospedali lo hanno fatto attingendo ai propri fondi o adeguando vecchie strutture non utilizzate, adattandole ad accogliere posti letto extra.

Tre mesi sprecati

Riavvolgiamo il nastro e cerchiamo di capire che cosa è successo. Al termine della prima ondata di Covid-19, il 19 maggio, il governo – attraverso il decreto legge 34 - dà 30 giorni di tempo alle amministrazioni regionali per riorganizzare il numero di posti letto in terapia intensiva. L'obiettivo dell'esecutivo? Portarli da 7 a 14 ogni 100mila abitanti.

Il governo stanzia perfino 1,1 miliardi per i vari piani. Quasi tutte le Regioni rispondono presente in tempo; 18 – sottolinea ancora Domani – avrebbero completato e consegnato i progetti all'esecutivo nel giro di un mese esatto. Il Ministero chiede però ad alcune amministrazioni di integrare i progetti. Entro il 17 luglio è tutto pronto, ed entro il 24 i piani aggiornati sono approvati.

A questo punto i documenti sarebbero stati inviati sia agli uffici centrali di bilancio e alla Corte dei Conti, sia alla struttura coadiuvata da Domenico Arcuri. Quest'ultimo avrebbe ricevuto il 3 luglio i piani di sei regioni (Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Marche, Umbria, Veneto e delle due province di Trento e Bolzano). L'ultimo piano sarebbe stato quello della Campania, arrivato il 24 luglio. Il 29 luglio arriva il semaforo verde dalla Corte dei Conti.

Si attende quello di Arcuri. Che però non arriva, così come non partono i lavori di ristrutturazione previsti. L'Abruzzo si lamenta, chiedendo di avere la delega dal commissario all'emergenza per poter gestire la riorganizzazione in modo autonomo. Niente da fare. Il 9 ottobre, due mesi dopo che la corte dei Conti ha registrato l'ultimo progetto, Arcuri avrebbe finalmente firmato le ordinanze di delega ai presidenti di regione che avevano chiesto di gestirei progetti.

Nello

stesso giorno il commissario avrebbe firmato anche le nomine per le regioni che non avevano chiesto la delega. Intanto però il virus è tornato a correre. E l'Italia scopre di aver bruciato settimane preziose.

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