Un lungo giro di parole per dire che in fondo il pm Paolo Storari non sapeva di infrangere le norme, quando consegnò a Piercamillo Davigo, allora membro del Consiglio superiore della magistratura, i verbali segreti del caso Eni sulla «loggia Ungheria». Ma anche per dire che forse nemmeno Davigo commise un reato quando li ricevette. E insomma la sensazione che alla fine il grumo di veleni e di manovre che per lunghi mesi ha attraversato la Procura di Milano possa finire senza colpevoli. Perché se così stanno le cose anche Davigo, il leggendario «Dottor Sottile» del pool Mani Pulite, può contare di uscire incolume dal processo che lo attende il 20 aprile. Come è già toccato a Storari, al suo ex capo Francesco Greco, alla vice di questi Laura Pedio. E come alla fine in qualche modo potrebbe toccare al procuratore aggiunto Fabio De Pasquale, il grande accusatore dei vertici Eni, che di tutto questo intrigo è stato per alcuni aspetti il vero protagonista.
Eppure i fatti sono accaduti, e sono di una gravità incredibile: anche nella ricostruzione che ne fa ieri Federica Brugnara, il giudice bresciano che quindici giorni fa ha assolto Storari dall'accusa di rivelazione di segreto d'ufficio. Ieri il giudice deposita le motivazioni, e si scopre che ha assolto Storari accogliendo in buona parte la ricostruzione fatta da questi della gestione all'interno della Procura di Milano dei verbali del pentito-calunniatore Piero Amara. Verbali tenuti fermi per lunghi mesi, nella parte in cui indicavano con nomi e cognomi giudici, politici, generali appartenenti alla «loggia Ungheria»: e invece usati per cercare di far fuori Marco Tremolada, il presidente del processo Eni, sospettato di voler assolvere i vertici del gruppo (come in effetti accadde). Dichiara Storari: «De Pasquale e Spadaro dissero che bisognava far astenere Tremolada perché aveva un atteggiamento di appiattimento sulle difese e mi diedero del corporativo nel senso che volevo difendere il collega Tremolada». Le parole del calunniatore dovevano essere impiegate per eliminare dal processo Eni un giudice non appiattito sulle tesi della Procura. Un episodio che Storari dice di avere aggiunto al file «dove ho segnato tutte le porcherie di De Pasquale».
Questo è il quadro che la sentenza traccia per spiegare la decisione di Storari di rivolgersi a Davigo per smuovere le acque. Davigo, come membro del Csm, per il giudice poteva ricevere i verbali anche se coperti da segreto. Le modalità anomale con cui Storari consegna a Davigo la copia Word dei verbali diventano a quel punto quasi irrilevanti, «dal momento che lo stesso era convinto di rivelare informazioni segrete a un soggetto deputato a conoscerle e pertanto di non commettere alcuna rivelazione illegittima ma autorizzata e/o addirittura dovuta». L'unica violazione commessa da Storari sarebbe quella delle circolari interne al Csm sulle modalità di acquisizione dei verbali, che non era tenuto a conoscere.
E Davigo, che invece quelle circolari doveva conoscerle? La sentenza che assolve Storari sembra salvare anche lui (ed è singolare, perché è firmata dallo stesso giudice che lo ha rinviato a giudizio per il medesimo fatto).
Davigo, scrive il giudice, «aveva rassicurato l'imputato della insussistenza del segreto istruttorio in base alle circolari in vigore. Una tale asserzione risulta in astratto compatibile con quanto affermato nelle circolari, seppure in modo non del tutto chiaro e lineare». Basterà, per far assolvere il «Dottor Sottile»?
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