Seduti uno di qua e uno di là dall'Oceano, da Washington e da Gerusalemme, contempliamo con la testa fra le mani, insieme a David Wurmser, il disastro di Capitol Hill, la parabola del presidente che ha trasformato la conclusione del suo mandato in un circo di leoni impazziti. David è uno dei migliori intellettuali conservatori degli Stati Uniti, è stato consigliere speciale al Dipartimento di Stato di John Bolton, e prima di Dick Cheney, vicepresidente degli Stati Uniti, membro dell'American Enterprise Institute.
Cos'è successo a Capitol Hill?
«È successo un disastro. Tutta la storia della presidenza Trump sarà ricordata soprattutto per questa conclusione, e la sua memoria ne sarà interamente compromessa».
Le critiche a Trump erano già insistenti, asfissianti...
«Di più, ed è stata proprio la persecuzione totalizzante del personaggio e dei suoi che ha portato al discorso scandaloso di due giorni fa. Trump è stato sempre un'antenna dello stato d'animo della sua folla, non di violenti, ma di cittadini su cui il fatto di non essere di sinistra è diventato un'accusa di essere una sorta di nazisti. Una parola che non ammette replica, perché implica storicamente la sua totale indecenza. Trump e la sua gente in questi anni sono stati bombardati da accuse di ignominia: ci sono stati licenziamenti, fratture familiari, messe al bando di vecchi amici, odio, disgusto e shaming sui media, attacchi fisici al ristorante, per la strada ai trumpiani. La legittimazione appartiene a gruppi che per altro negli ultimi 8 mesi hanno distrutto migliaia di negozi, ferito cittadini, sparato ai poliziotti...».
La campagna elettorale ha peggiorato molto.
«Non è stata nemmeno una campagna elettorale, ma un coro di diffamazione mentre agli altri tutto veniva condonato, la violenza, i rapporti del figlio di Biden coi cinesi».
Ma Trump ha sbagliato a reclamare ancora la vittoria e a chiederla alla folla.
«Sì ha sbagliato, ha compiuto svariati errori, anche col Covid mentre faceva politiche giuste proclamava posizioni sbagliate. E induce oggi con gli ultimi fatti all'oblio dei molti errori storici che aveva curato con azioni giuste: aveva sgominato la paura paralizzante della Cina, l'ubbidienza ai no palestinesi promuovendo una serie di processi di pace; aveva posto fine alla pretesa che con l'Iran qualsiasi accordo sia migliore di un non accordo e alla passività di fronte all'ostilità di Onu ed Europa. E in politica interna ha promosso la riabilitazione in base alle regole di un mercato libero ma nazionalista di una larghissima classe sociale vilipesa. Da questa via Trump ha guadagnato sempre più consensi».
Adesso possiamo dire che siamo in mezzo a un disastro?
«I disastri sono due: il primo è quello legato agli scontri, il secondo è quello della Georgia. È una tragedia per Biden non avere un Senato conservatore dietro cui nascondersi per bloccare l'estremismo del suo partito».
Il problema è la democrazia americana: si potrà ricostruire una situazione in cui governo e opposizione si confrontano serenamente?
«C'è sempre stato molto in comune nelle due parti politiche, nell'idea che ogni individuo è un depositario di diritti inalienabili dati da Dio o dalla Storia o dalla natura,cda qualcosa di più grande di lui. Ma ora la sinistra si è staccata da questa sponda, la sua propensione è verso una deriva socialista alla Bernie Sanders».
Pensi che nei prossimi giorni Trump possa fare ancora qualcosa che possa sconvolgere il mondo?
«Non direi. Trump ha abdicato all'interventismo Usa, lasciando a ciascuno i suoi guai e le sue scelte. Ha anche posto fine alla scelta politica di un inutile restraint internazionale. E così ha avviato parecchi cambiamenti positivi, ma...».
Ma ha rovinato tutto.
«Diciamo danneggiato».
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