Una grande esplosione, poi le fiamme che si espandono veloci e divorano le tende. Panico, devastazione e morte tra i rifugiati del campo profughi di Tal Al-Sultan a Rafah, dopo un attacco aereo israeliano domenica sera. L'esercito dello Stato ebraico si è subito giustificato e ha precisato di aver colpito obiettivi legittimi ai sensi del diritto internazionale, perché certo della presenza «di terroristi di Hamas». Tra le vittime - ha puntualizzato l'Idf - c'erano infatti due leader del gruppo islamista: Yassin Rabia, che ha gestito l'intera attività terroristica di Hamas in Cisgiordania, e Khaled Nagar, un altro alto funzionario del quartier generale nella stessa aerea. Il bilancio dei morti sale ora dopo ora: sarebbero almeno 45 le persone uccise, di cui 23 tra donne, bambini e anziani. Le riprese hanno mostrato una serie di strutture andare a fuoco e i primi soccorritori che trasportavano i corpi dei feriti in fin di vita avvolti tra le coperte.
Di fronte a una tragedia che ha scosso l'opinione pubblica, è poi intervenuto anche il premier israeliano Benjamin Netanyahu che ha definito quanto accaduto «un tragico incidente». Il raid è stato condotto dopo che Hamas aveva lanciato otto razzi da Rafah verso Tel Aviv: i primi attacchi a lungo raggio contro la città israeliana da gennaio.
Dopo la tragedia a Tal Al-Sultan, Tsahal ha anche insistito sul fatto che il raid era stato «effettuato utilizzando munizioni ad alta precisione e sulla base di informazioni di intelligence che indicavano l'uso dell'area da parte di Hamas». Il portavoce del governo israeliano Avi Hyman ha poi chiarito: «Dai primi rapporti sembra che sia scoppiato un incendio, che purtroppo ha causato la morte di altre persone». Il procuratore militare di Israele, Yifat Tomer Yerushalmi, ha fatto sapere invece che è stata aperta un'inchiesta sull'incidente e ha pure puntualizzato che altre 70 indagini sono in corso. Giustificazioni che però non soddisfano. L'Unrwa, l'agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, ha replicato su X: «Gaza è l'inferno sulla terra». Mentre un alto funzionario dell'agenzia di protezione civile di Gaza gestita da Hamas, Mohammad al-Mughayyir, ha raccontato che i soccorritori avevano visto «corpi carbonizzati e arti smembrati», così come «casi di amputazioni, bambini, donne e anziani feriti».
La strage rischia di compromettere anche i negoziati su tregua e rilascio degli ostaggi. La tv saudita Al-Sharq cita fonti palestinesi e annuncia che Hamas ha informato i mediatori che non parteciperà ad alcun negoziato con Israele dopo il massacro di Rafah. Il Qatar ha avvertito che l'attacco potrebbe rendere più difficili i suoi sforzi di mediazione. A complicare il quadro c'è stato anche un altro incidente sempre vicino a Rafah. Un soldato egiziano è stato ucciso e altri sono rimasti feriti in uno scontro a fuoco scoppiato proprio al valico di frontiera con le forze armate israeliane. Secondo fonti del Cairo «i militari egiziani hanno sparato contro membri dell'esercito israeliano, senza causare vittime. Ma le forze di Tel Aviv hanno risposto», aggiunge la fonte, precisando che l'Egitto «ha aperto un'indagine urgente».
La situazione è sempre più tragica.
Circa 1,5 milioni di persone si erano riparate a Rafah prima del 6 maggio, quando Israele ha iniziato quelle che ha definito operazioni di terra «mirate» per distruggere gli ultimi battaglioni di Hamas e salvare i rapiti sopravvissuti. Ma anche se più di 800mila palestinesi sono fuggiti da Rafah, centinaia di migliaia sono ancora rifugiati lì.
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