I talk show sono affamati di personaggi che sostengano posizioni diametralmente opposte, così da scatenare lo scontro, meglio ancora la rissa. Sul versante dei filoputiniani c'era carenza di esperti disposti a sostenere le ragioni del Cremlino, ma per fortuna poi è venuto fuori (merito di Formigli su La7) il professor Alessandro Orsini, della Luiss, la versione geopolitica del medico no vax. In breve tempo si è guadagnato la stima di quelli che pensano che la guerra sia colpa della Nato, dell'Ucraina, degli Stati Uniti, ma non di Putin (una fetta di opinione pubblica non facilmente quantificabile ma probabilmente più numerosa di quanto si pensi). E le tv se lo sono subito conteso (sul versante cartaceo invece è stato il Fatto a prenderselo come nuova firma). Finora però, a quanto si sa, Orsini andava gratis in tv, ora invece gli hanno offerto un bel contratto da 2mila euro a puntata. Il problema è che è la Rai, servizio pubblico, a pagare il professore per sostenere che «se Putin è un mostro, allora lo siamo sicuramente anche noi», che la guerra è colpa della Nato che ha «terrorizzato» Putin e che l'unica soluzione è che l'Ucraina si arrenda ai russi. Perle di saggezza che Bianca Berlinguer, conduttrice di Carta Bianca, ha pensato bene di assicurarsi mettendo Orsini sotto contratto - svelato dal Foglio - per sei puntate, a 2mila euro l'una. Interpellata dal Foglio Bianca Berlinguer non smentisce: «I contratti della Rai devono rimanere in Rai, come succede in tutte le reti. Non ho altro da aggiungere».
Chi ha qualcosa da aggiungere invece sono i parlamentari di Pd, Fdi e Iv. «È assolutamente inaccettabile che le risorse del Servizio Pubblico Radiotelevisivo vengano utilizzate per finanziare i pifferai della propaganda di Putin» twitta il deputato dem Andrea Romano. Sempre Pd annunciano che il caso verrà portato in Vigilanza Rai perché«la Rai non è un'azienda privata, si paga il canone». Il renziano Michele Anzaldi chiede «chiarimenti immediati» dall'ad Rai Carlo Fuortes, e anche il deputato della Vigilanza di Fdi, Federico Mollicone, si domanda per quale motivo «la Rai continui a siglare contratti con gli opinionisti».
Sul tema invece nessun commento da M5s e Lega, i due partiti più in imbarazzo per le relazioni (non sempre alla luce del sole) intercorse nel passato con la Russia, soprattutto durante il governo gialloverde. Il partito di Conte è in difficoltà, diviso tra l'ala atlantista di Di Maio e la fronda dei putiniani pentastellati (primo tra tutti Vito Petrocelli, grillino presidente della commissione Esteri del Senato). Chi può esporsi in tv senza problemi, essendo un ex (ma solo formalmente) è Alessandro Di Battista, anche lui su posizioni anti-Nato.
Anche Dibba è un teorico della resa alla Russia: «Parliamo della guerra in Ucraina, degli errori dell'Europa e della necessità, secondo me, di trattare con la Russia» ha twittato l'altro giorno. Per lui Draghi è un «suddito di Washington» che aumenta le spese per le armi. Materia su cui ha mostrato poca dimestichezza, da obiettore di coscienza, parlando in tv di missili «supersonici» invece di «ipersonici».
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