La trappola è nascosta dal colore che splenderà su gran parte dell'Italia nelle prossime settimane. Il giallo sul semaforo del governo dovrebbe portare le aperture e un clima più disteso. E invece, a quanto risulta al Giornale, dal 20 o 21 dicembre - non prima come molti hanno ipotizzato - Palazzo Chigi prepara una stretta. Giallo o non giallo, non si potrà uscire dalla propria Regione e nei giorni di Natale e Santo Stefano tireranno giù la saracinesca anche i ristoranti.
Insomma, siamo al giallo rafforzato, blindato di cui aveva parlato il Giornale nei giorni scorsi. Le Regioni attendono che la nebbia delle voci e delle interpretazioni si alzi per vedere che cosa riserverà lo spartito delle feste. E però ci si prepara a strappare gocce di deroghe nell'eterno tentativo di coniugare esigenze diverse. Dunque che cosa accadrà in concreto nel periodo delle feste?
Nell'esecutivo si scontrano due linee: l'ala dura, Franceschini-Boccia-Speranza, vuole stringere per scongiurare il rischio di una terza, rovinosa ondata dell'epidemia. Dunque, potrebbe spostarsi su tutto il territorio nazionale (in giallo) solo chi fa rientro nel proprio comune di residenza; l'altra scuola più liberal preme per il via libera alle seconde case. E a questo puntano i governatori del Nord, a cominciare dal lombardo Attilio Fontana, che hanno un'impostazione filosofica diversa e sottolineano non il quando ma il come. Perché bloccare i ristoranti il 25 e 26 se si evitano gli assembramenti? E ancora, che senso ha imporre la messa di mezzanotte alle 21 se poi i fedeli si ammassano in chiesa? Questioni e polemiche che potrebbero rotolare a lungo. È evidente che si scontrano due sensibilità diverse e i presidenti delle Regioni interpretano il desiderio di libertà dei cittadini che si sentono in gabbia. Ma le critiche a Roma vanno anche oltre: perché impedire al cittadino lombardo di andare in vacanza nell'appartamento di Loano o nell'hotel di Merano? E perché vietare al romano la trasferta sulle montagne d'Abruzzo? I tecnici consultati dai governatori sostengono che il contagio percorra altri sentieri che poco hanno a che fare con i paletti fissati a Roma. L'epidemia si diffonde sui banchi di scuola, sui tram e le metropolitane, nei locali - oggi off limits - della movida notturna. Il resto è contorno. Certo, in taluni momenti bisogna comprimere le libertà ma ora è il momento di allentare la pressione. Si è arrivati, almeno in Lombardia, a 4 o 5 giorni dal punto di crisi del sistema sanitario, poi per fortuna l'onda ha iniziato a perdere forza.
I governatori vorrebbero rivedere anche il blocco dello sci e non darla vinta agli svizzeri che vanno avanti imperterriti. In proposito gli assessori delle Regioni alpine lanciano un suggerimento al premier: skipass solo per chi ha in quella località un alloggio (anche in affitto) o prenota un hotel. Ma i margini di manovra sono ristretti: il 20 o 21 scatteranno le regole natalizie e le frontiere regionali diventeranno invalicabili. L'unico punto di discussione sarà sulle seconde case, sia pure con gli impianti fermi e le trattorie messe a riposare il 25 e 26. Ma i rigoristi premono perché dare il via alle seconde abitazioni vorrebbe dire mettere in moto milioni di persone. E i controlli di polizia a quel punto sarebbero un ginepraio di complicazioni. Per chi poi va a sciare all'estero ecco la contromisura della quarantena.
Con l'eccezione sacrosanta dei frontalieri che ogni giorno varcano il confine non per divertirsi ma per andare a lavorare. Insomma, cenone in famiglia. Con, al massimo, un figlio, un padre o un «affetto stabile» in più rispetto alla routine.
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