«Spero che il governo si ravveda sul Dpcm, la chiusura dei comuni è senza basi scientifiche, uguale per paesini e città grandi come Stati».
Luca Zaia si fa portavoce del malumore, alza i toni e guida la rivolta delle Regioni, puntando il dito contro le limitazioni imposte nel nuovo Dpcm in particolare contro il divieto di spostamento tra i piccoli Comuni. Il ragionamento che circola tra i governatori è che se da una parte l'Italia intera tra qualche giorno potrebbe diventare tutta zona gialla, dall'altra scatterà una sorta di nuovo lockdown nei giorni delle feste comandate. Una misura che oltretutto farà scattare esodi di massa concentrati nei giorni prenatalizi. Si guarda adesso verso il Comitato tecnico scientifico del ministero della Salute. Gli esperti avevano già manifestato le loro perplessità, ritenendo lo stop agli spostamenti al di fuori dal proprio Comune durante le giornate del 25, 26 dicembre e 1 gennaio «particolarmente penalizzanti per chi vive in luoghi piccoli e isolati» raccomandando per questo che «il divieto di spostamento per questi casi potesse essere rivisto».
Un parere che dà forza alla richiesta di Zaia di «una nuova riunione tra Regioni e governo per rivedere la misure del divieto di spostamento fuori dal comune di residenza il 25, 26 dicembre e 1 gennaio. Io ho in merito una soluzione, ma al momento non posso dirla per rispetto istituzionale. Il Cts, che è il faro scientifico, dice che la misura è sbagliata. Fossi al posto del governo ne prenderei atto e modificherei la norma, non credo sia un'onta ammettere di aver sbagliato e rimediare».
Una modifica parlamentare del decreto, quando il decreto sarà convertito in legge in Parlamento, è, invece, la soluzione individuata dal presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, intervistato su Rainews24. «L'accordo era che ci venisse inviato il dpcm e che poi ci incontrassimo per discutere i contenuti, ma così non è stato perché prima è stato approvato il decreto legge. Adesso c'è una possibilità: accelerare il più possibile la conversione in Parlamento e in quella sede modificare il dpcm nella parte legata agli spostamenti. L'altro aspetto che contestiamo è il divieto degli spostamenti tra i comuni. Nella nostra regione ci sono 1500 comuni, alcuni di poche centinaia di abitanti, e ci sono famiglie magari divise da pochi centinaia di metri. Ecco, questa mi sembra una esagerazione che dovrebbe essere sanata». Sulla stessa lunghezza d'onda altri governatori. Come Giovanni Toti, presidente della Liguria e vice presidente della Conferenza delle Regioni: «Il decreto ormai è in Gazzetta e più che criticare questa scelta non posso fare. Se andasse in conversione in Parlamento prima di Natale, sarebbe nostra intenzione, e credo anche di molte forze politiche del Paese, modificarlo. Capisco la responsabilità sulle scelte, ma l'impostazione è molto sbagliata, speriamo di poterla mitigare in qualche modo nelle prossime ore».
Marco Marsilio punta ad accorciare i tempi della permanenza dell'Abruzzo nella zona rossa. «Ho chiesto al ministero della Salute di tenere conto dell'indice Rt e di non applicare in maniera fredda e burocratica i 14 giorni previsti per la riapertura. Il nostro obiettivo è passare nella zona arancione entro e non oltre l'8 dicembre, per poter consentire ai negozi di riaprire nel momento più importante. L'Abruzzo dopo l'esperienza dell'Alto Adige si fa capofila di uno screening massivo che stiamo facendo su tutto il territorio e per tutta la popolazione». In controtendenza va il presidente della Campania Vincenzo De Luca. «Condivido a pieno le misure di rigore del governo, a cominciare dalla limitazione degli spostamenti tra regioni e comuni». Il presidente facente funzioni della Regione Calabria Nino Spirlì, invece, imbraccia la sciabola. «Il governo arriva in conferenza Stato-Regioni con quelle che sembrano proposte, in realtà sono decisioni già chiuse. Ci sembra a volte di essere non dico presi in giro ma quasi. Cerchiamo in tutti modi di far capire che i territori hanno delle esigenze che non sono quelle solo delle grandi città. Chiudere i territori addirittura all'interno della stessa provincia, lo trovo veramente un atto quasi criminale, perché vuol dire che vogliamo fare abbassare definitivamente le saracinesche ad attività che forse in quelle giornate potrebbero sicuramente fare un po' di cassa». Vito Bardi invita a tenere conto degli sforzi della Basilicata perché «non possiamo essere schiavi di un algoritmo che sembra non tenere conto dei progressi e dei sacrifici dei cittadini e dello stato dei territori».
La temperatura, insomma, resta alta e il centrodestra affila le armi, con l'europarlamentare leghista Simona Baldassarre che si chiede se con «il terrore mediatico e i divieti natalizi non stia preparando uno Stato etico sanitario».
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