Renzi non lascia il Pd, anzi sì. Per rinforzare Conte (e se stesso)

Matteo Renzi è sempre più in uscita dal Pd. La scissione è dietro l'angolo e l'obiettivo dell'ex premier è di rafforzare il governo giallorosso allargando il perimetro della maggioranza dal centro. Rimettendo in gioco anche se stesso

Renzi non lascia il Pd, anzi sì. Per rinforzare Conte (e se stesso)

Indebolire il Pd per rafforzare il governo appoggiato dal Pd. Sembra un controsenso, ma non lo è. Almeno per Matteo Renzi. Il senatore toscano, primo tessitore dell'intesa tra dem e 5 Stelle che ha portato alla nascita del Conte-bis, lavora da mesi al suo movimento politico. Con il passare del tempo, gli spifferi relativi a una sua possibile uscita dai democrat si sono trasformati in una bora destinata a scuotere la sinistra italiana. Le recenti dichiarazioni dei renzianissimi Ettore Rosato ("La scissione? Decideremo alla Leopolda") e Maria Elena Boschi ("Se tornano Bersani e D'Alema ne parleremo con Zingaretti") sono l'ennesima conferma di una storia che si avvicina al lieto fine. Una conclusione amara per il Pd, che teme un contraccolpo elettorale. Al tempo stesso, però, i dem possono stare tranquilli. Renzi non muoverà le sue truppe contro il governo. Al contrario, farà il possibile per consolidarlo.

A ballare, come sempre, sono i numeri. Come ben spiegato da Pasquale Napolitano in questo articolo sul Giornale, con la formazione del suo gruppo autonomo a Montecitorio l'ex premier mira ad allargare il perimetro della maggioranza. Il "Bisconte" parte da 169 voti, Renzi conta di arrivare almeno a 180. Come? Inglobando, facendo leva sulle sue doti di persuasione, qualche scontento di centro-destra e perché no, anche gli uomini di Carlo Calenda. L'eurodeputato Pd, uscito dal partito dopo l'accordo con i pentastellati e fondatore di un nuovo movimento politico che ha già cominciato a portare in giro per l'Italia in una sorta di campagna elettorale anticipata, ha già i suoi fedelissimi. Tra loro Matteo Richetti, che ha appena detto addio ai dem. Guarda un po', un ex renziano di ferro. Sbarcato nel gruppo misto e possibile innesto per il nuovo gruppo riconducibile all'ex premier. Il quale, in virtù della loro vecchia amicizia potrebbe convincerlo a cambiare idea sul Conte-bis, assicurando un altro voto a Conte.

In questo modo, Renzi si accrediterebbe agli occhi di "Giuseppi" come il terzo uomo forte del governo oltre al premier e a Di Maio. Mettendo all'angolo Zingaretti e riconquistando visibilità nel campo della sinistra. Infatti, i piani di Renzi non si limitano alla contingenza, per quanto proiettata al 2023, anno di conclusione della legislatura. Il sogno del senatore di Firenze è un altro, il progetto ben più ambizioso. Dopo la sbornia delle Europee 2014, Renzi non ne ha azzeccata una.

Abbandonato dagli italiani, l'ex segretario del Pd è ripartito dal basso, tramando nell'ombra un posto al sole dopo che Salvini ha staccato la spina al Conte I. Obiettivo centrato alla perfezione. Solo il primo passo di una lunga scalata per rottamare gli avversari. Come ai vecchi tempi...

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