Renzi rottama se stesso: "Basta che governi il Pd"

Il leader cede: ok ad altri candidati premier E punta il vero nemico: «M5S, non Berlusconi»

Renzi rottama se stesso: "Basta che governi il Pd"

Roma - Il Renzi segretario rottama il Renzi leader. L'ex presidente del Consiglio non chiude all'ipotesi di spedire a Palazzo Chigi Marco Minniti o Paolo Gentiloni in caso di vittoria del Pd. Dal Lingotto di Torino, dove sono riuniti gli amministratori dem per l'assemblea nazionale, Renzi cambia strategia in vista del voto, provando a ricompattare il fronte del centrosinistra: «È una partita di squadra. Ecco perché non è importante qual è il nome che va a palazzo Chigi ma che sia del Pd».

Il segretario dei democratici prende atto dell'aria che tira intorno al suo nome accettando il passo di lato. E per recuperare terreno nella sfida elettorale contro M5s e centrodestra, il rottamatore rispolvera la favola del voto utile, aggrappandosi a una interpretazione personale della legge elettorale: «Se guardate i giornali gli editorialisti hanno già votato e i titolisti già deciso. Hanno letto i sondaggi e detto che ha vinto il centrodestra: si sono dimenticati di leggere la legge elettorale che per due terzi premia non le coalizioni ma il primo partito. La sfida per il primo posto alle elezioni non è tra Berlusconi e Salvini ma tra Pd e M5s. Lo dico ai moderati: l'alternativa al Pd non è il centrodestra ma il M5s». Fallito lo sfondamento a sinistra con lo Ius soli, Renzi tenta la mossa (disperata) di recuperare il voto dei moderati.

Eppure l'ex presidente del Consiglio conosce bene la legge elettorale, che ha contribuito a scrivere e approvare in Parlamento: nei collegi uninominali la coalizione di centrodestra è in netto vantaggio ma soprattutto a un soffio dalla maggioranza. Dunque, l'unica carta da giocare è spingere il piede sull'acceleratore nel voto al proporzionale provando a far eleggere nei listini bloccati una pattuglia di deputati e senatori di stretta fede renziana. Il segretario sprona i militanti, avendo in tasca una certezza: la sua leadership rischia di essere al capolinea. Un sondaggio Ixè (pubblicato dall'Huffington Post) certifica il crollo del gradimento, relegando l'ex sindaco di Firenze, con il 25% di consensi, al terzultimo posto tra i leader. Solo Bersani e Grillo sono più impopolari. Sondaggi che Renzi chiede alla platea dem di ribaltare: «I leader i sondaggi li cambiano, non li inseguono».

L'ex premier indica anche la strada per invertire il trend elettorale: rispolverare la fake news dello spread: «Il centrodestra si presenta come un'alleanza solida ma è l'alleanza dello spread». Ma omette l'unica verità: lo spread è stato lo strumento del complotto per mandare a casa Silvio Berlusconi. Archiviato il Lingotto, Renzi dovrà sciogliere il nodo delle liste. A cominciare dal caso di Piero De Luca: il figlio del presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca è stato inserito tra i nomi consegnati a Luca Lotti. Ma c'è un ostacolo: De Luca jr è imputato per bancarotta fraudolenta. Il segretario dem chiederà alla direzione nazionale una deroga all'articolo 5 del codice etico del Pd che esclude dalle competizioni elettorali le persone sotto processo. E sempre dalla Campania arriva anche la grana di Franco Alfieri. Il re delle fritture vuole un posto in lista.

Il Pd non ha dato il via libera perché sul tavolo del ministro dell'Interno Minniti è arrivata un'interrogazione di Fratelli di Italia, su presunti legami tra i clan e l'amministrazione comunale di Agropoli sotto la guida di Alfieri. Un dossier che fa tremare il Pd alla vigila del voto.

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