Renzi promette 300 miliardi di investimenti, ma ne stanzia solo 21

Il semestre italiano in Europa si è concluso con un nulla di fatto. Pochissimi gli investimenti stanziati e nessuna posizione chiave all'interno delle commissioni

Renzi promette 300 miliardi di investimenti, ma ne stanzia solo 21

Matteo Renzi è un premier in crisi, nonostante il vento in poppa. Primeggia perché "non registra alternative di leadership e di coalizione né sulla destra né sulla sinistra", ma il suo stile di governo non sembra pagare nel lungo termine.

Non risolve i problemi del Paese e si limita a temporeggiare: "Se l'Istat avverte che la disoccupazione cresce, Palazzo Chigi replica baldanzosamente che le assunzioni sono aumentate. E cioè fa un bilancio evidenziando le entrate ed omettendo le uscite. Se Standard & Poor's declassa l'Italia replica: 'lo sapevo'. Una notizia per lui vecchia, scontata con contromisure già da tempo predisposte. 'Dovremo accelerare' è il rassicurante commento del premier".

A ciò si aggiunge la debacle italiana in Europa. La Mogherini, "contrariamente a quel che ha raccontato Renzi, non è il 'numero due' della commissione e su ciò che interessa l'Italia non conta nulla". Inoltre, come Lady Pesc, la Mogherini è stata un disastro: "Con la formula 'Gerusalemme capitale di due Stati' ha riscosso il plauso di Hamas, ma ha rotto con Israele azzerando in partenza un ruolo di mediazione dell'Unione europea". Il risultato? Juncker ha richiamato il suo predecessore, Catherine Ashton, "per affiancare (e di fatto sosituire) la Mogherini nelle trattative con l'Iran quando ci sono gli incontri tra ministri degli Esteri".

Inoltre, il programma di investimenti che Renzi avrebbe imposto in Europa e che prevede lo stanziamento di 300 miliardi di euro è pura utopia in quanto mancano all'appello 280 miliardi.

Per questi motivi, Renzi teme il dopo Napolitano.

Teme un presidente forte, ovvero "un po' autonomo, non 'amico' e cioè che nei prossimi mesi, nel caso di crisi per elezioni anticipate, possa esercitare le sue prerogative costituzionali nominando un governo elettorale 'di garanzia' ovvero non più guidato da Renzi; giunto a Palazzo Chigi, non dimentichiamolo, con il voto della direzione di un partito".

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