Renzi trama per imporre un suo nome

Tattica del "prendere o lasciare" sia con la minoranza Pd che con Berlusconi. Ma il leader azzurro resta decisivo

Renzi trama per imporre un suo nome

Roma - Anche in queste ore è la solita girandola di nomi. La «rosa» dei papabili resta rigogliosa ma più passa il tempo più cresce il timore che Renzi attui la «tattica del petalo»: spiumare il fiore tanto da presentare un unico candidato al Colle. Il suo ideale. Insomma, si teme che il premier si presenti alle trattative ufficiali con un «prendere o lasciare» comportandosi alla stessa identica maniera sia coi forzisti sia con la minoranza dem. A entrambi potrebbe sventolare sotto gli occhi il «male peggiore» per incassare il suo «cup of tea». A Berlusconi potrebbe millantare un accordo a portata di mano con i dissidenti su un nome per il Cavaliere indigeribile, come Romano Prodi o Stefano Rodotà . A quel punto meglio il renziano. Alla minoranza piddina, invece, potrebbe minacciare di chiudere l'intesa con gli azzurri su un candidato che piace all'ex premier come Pier Ferdinando Casini . A quel punto meglio un renziano. Risultato: al Colle ci andrebbe chi vuole Matteo.

La domanda è: chi è? Posto che il nome ufficiale verrà fuori soltanto in zona Cesarini e che magari neppure Renzi ha scelto il suo cavallo, di certo quest'ultimo punterà su un uomo «leggero». Ossia che faccia più il passacarte e che riporti il Quirinale a un ruolo meno invasivo rispetto a quanto accaduto con Re Giorgio che, anche se non formalmente, aveva di fatto trasformato la Repubblica in Repubblica presidenziale. Farebbe al caso di Renzi un Ugo De Siervo , ex presidente della Corte costituzionale; ma soprattutto un Sergio Mattarella , ora giudice della Consulta, e sulla carta «scialbo». Di certo ben più scolorito di un Giuliano Amato che, agli occhi di Renzi, ha due handicap: piacerebbe troppo a Berlusconi e un domani non si farebbe problemi a bacchettare il premier sui suoi provvedimenti.

Ma il premier, nella scelta del «suo petalo», potrà sì essere ultimativo nel metodo (come pare sia stato durante le trattative con gli azzurri sull'Italicum) ma dovrà essere lungimirante. Il suo governo non corre: arranca. E se il premier ha intenzione di durare portando a casa qualche risultato è ragionevole pensare che lo «stile Nazareno» - ossia il soccorso forzista - gli possa tornare utile anche nei mesi a venire. Ecco perché il suo petalo potrà avere delle sfumature azzurre o quantomeno non ne avrà di rosso fuoco. Qualche apertura dal fronte moderato è arrivata su Walter Veltroni e addirittura anche su Anna Finocchiaro .

Per i motivi di cui sopra, ossia trovare un nome che non sia troppo un «dito nell'occhio» a chi potrebbe aiutarlo in futuro e che abbia abilità prettamente politiche, paiono scendere le quotazioni dei cosiddetti tecnici, oggetto di veti trasversali. Cala quindi il borsino di Ignazio Visco , di Pier Carlo Padoan , di Mario Monti .

La minoranza dem, invece, tira in senso opposto e rilancia la carta più sgradita al Cavaliere: Romano Prodi . Al patto del Nazareno vogliono contrapporre una sorta di Ulivo 2.0. e oggi, nella loro sede, ci sarà il confronto tutto interno al Pd. Il termometro dei rapporti tra renziani e antirenziani sarà fondamentale nell'attesa del summit Berlusconi-Renzi, previsto per domani. Intanto i grillini lanciano la lenza al premier attraverso Luigi Di Maio: «Renzi faccia quattro nomi, il più votato dalla rete siamo pronti a sostenerlo al primo scrutinio».

A confermare il rischio che il premier possa utilizzare la «tattica del petalo» anche per non spaccare ulteriormente i suoi è Nunzia De Girolamo (Ncd): «L'elezione del successore di Napolitano non può e non deve essere un affare interno al Pd; e Renzi si ricordi che il suo non è un governo monocolore».

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