Aumentano i ricoveri in ospedale (più 10% in una settimana) ma non i casi gravi da terapia intensiva (meno 20%). Cosa significa? Chi sono i pazienti malati di Covid che hanno bisogno di essere assistiti in reparto?
In base ai dati del monitoraggio della Fiaso, federazione aziende sanitarie e ospedaliere, nel 50% dei casi si tratta di pazienti ricoverati per altre patologie e scoperti positivi in un secondo momento. «Per il resto - spiega anche Francesco Dentali, direttore del dipartimento emergenze ad alta specialità a Varese, uno degli ospedali che, durante i picchi, ha registrato numeri altissimi di pazienti - stiamo ricoverando persone molto anziane o a cui è finito l'effetto della terza dose. Ma non solo. In ospedale continuano ad arrivare ultra 50enni non vaccinati che hanno bisogno di ossigeno e, in qualche raro caso, di casco C-pap. Fortunatamente, grazie alle diagnosi veloci e alle terapie, riusciamo ad evitare l'aggravarsi di molti casi».
Per evitare che nel conteggio dei casi positivi al virus ci finiscano anche i pazienti asintomatici o con pochissimi sintomi, la Regione Lombardia da qualche giorno ha deciso di effettuare solo i test antigenici a chi entra in ospedale e non più i molecolari che rilevano anche gli strascichi di Covid o le forme più leggere. Il numero dei casi gravi non è nemmeno lontanamente paragonabile a quello di qualche mese fa, ma non si può dire che le terapie intensive siano vuote. Il 72% di chi ci finisce per complicazioni legate al Covid non è vaccinato o non ha completato il ciclo vaccinale. L'età minima dei ricoverati tra i vaccinati è di 50 anni, tra i non vaccinati il paziente più giovane ha 36 anni.
«Questa costante diminuzione aggiunge il presidente Fiaso, Giovanni Migliore è una conferma di come la vaccinazione protegga dalle forme gravi del Covid. È importante anche sottolineare che il 70% dei pazienti in rianimazione presenta altre gravi patologie pregresse. Per questi pazienti con fragilità è quanto mai necessario completare il ciclo di vaccinazione o sottoporsi se indicato alla quarta dose».
Il tema quarta dose, che per ora viene somministrata alle persone immunocompromesse e ai trapiantati, è sul tavolo dell'Aifa. La scorsa estate la pandemia ci ha concesso una tregua ma c'è anche da dire che eravamo tutti vaccinati. Ora gli effetti della copertura sono in fase di scadenza e, almeno per le persone fragili, qualcosa andrà fatto. Per ora il ministro alla Salute Roberto Speranza ipotizza la quarta dose agli anziani, a cominciare dagli ospiti delle Rsa.
«Se le cose continuano così - conferma Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di microbiologia e virologia dell'università Vita-Salute San Raffaele di Milano - dovremmo vaccinare i fragili a settembre-ottobre e dare loro un'immunità, con la stessa politica che abbiamo seguito per l'influenza. Quindi un approccio stagionale che prevede la copertura dei fragili e di chi ha comorbidità, e degli over 50-60». Molto cauto anche Walter Ricciardi, consulente del ministro Speranza.
D'accordo che la ripresa dei casi non è una quinta ondata, ma è presto per abbandonare le mascherine. «Se pensiamo che il virus non c'è più e abbandoniamo le buone pratiche di igiene seguite in questi anni, allora corriamo un rischio enorme».
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