Report giornalieri per montagne sicure

Le istituzioni studiano bollettini, presidi e monitoraggio. "Ma il rischio zero non esiste"

Report giornalieri per montagne sicure

Un po' c'è l'abitudine spiccatamente italiana di chiudere la stalla quando i buoi sono già scappati. Un po' c'è l'impellente esigenza di far sì che i rischi per chi frequenta la montagna siano ridotti al minimo, consapevoli del fatto che eliminarli del tutto è impossibile per un milione di motivi. Fatto sta che dopo la tragedia della Marmolada, chi vive e chi di fatto gestisce la montagna ha ben chiaro che servono nuove regole per la sua fruizione. Controlli necessari, ma anche nuovi sistemi che possano ridurre al minimo la possibilità di incidenti. Se non altro evitando i principali fattori di rischio.

A partire da un fatto che col senno di poi fa venire i brividi. Il sistema di bollettini neve emessi dai meteorologi così utili in inverno, nella stagione estiva non esistono. C'è solo il buonsenso di guide ed esperti che però, evidentemente, non basta. In situazioni come quelle di questi giorni, con temperature elevatissime anche ad alta quota dopo un inverno con scarsissime precipitazioni, il pericolo è elevatissimo, come o anche o peggio che d'inverno. Il primo passo è quello di ampliarli a tutto l'anno ma ci sono anche numerose proposte ed idee. Come quella lanciata dal governatore del Veneto Luca Zaia. «È necessario affinare il sistema di monitoraggio per essere nelle condizioni di impedire l'accesso al ghiacciaio quando le condizioni non lo consentono. Un po' come succede con la bandiera rossa al mare». Escursioni solo in primavera, è invece la proposta lanciata da Thomas Wanner del Club alpino austriaco. «Da alcuni anni le guide alpine locali fanno così per vette come il Pan di Zucchero e il Grossglockner», anche se in questo caso non è affatto detto che la primavera sia più favorevole alle escursioni. Anzi in caso di una stagione con precipitazioni abbondanti può addirittura rivelarsi paradossalmente più pericolosa.

«Serve un sistema misto di gestione dei rischi catastrofali come si riscontra all'estero, in modo da accrescere la resilienza di cittadini e imprese di fronte a eventi avversi in fortissimo aumento», spiega la presidente dell'Ania Maria Bianca Farina. Parla di fatalità il presidente del Cai Lombardia Emilio Aldenghi, che non accusa nessuno di imprudenza ma spiega: «È difficile dire quello che è giusto o meno, sicuramente, se devo fare un'analisi sul dopo, e sul dopo siamo tutti bravi, pensare di andare su un ghiacciaio, magari in certe ore, non prestissimo al mattino, può essere un imprudenza». Decisamente più duro invece il giudizio di una delle icone dell'alpinismo, Toni Valeruz, che attacca. «Questa immensa tragedia poteva essere evitata con un'azione di monitoraggio serio, con persone esperte e professionali in loco dotate di attrezzatura idonea che esiste in Italia e in Val di Fassa. L'esperto deve giudicare da dentro la montagna e non da fuori. Persone competenti in loco avrebbero captato che quella fenditura piena d'acqua si spostava giorno dopo giorno». E qui emerge anche il problema della mancanza di personale qualificato, peggiorato secondo molti dopo l'eliminazione del corpo forestale dello Stato che fungeva da presidio. Anche il presidente nazionale dell'Unione dei Comuni e delle comunità montane Marco Bussone chiede nuove regole per la montagna. «Bisogna ragionare se le regole che ci sono, siano o meno adeguate. Come si è sempre fatto, come si è sempre andato in montagna, non funziona più. Vanno messi precisi limiti e anche restrizioni alla fruizione. In certe aree complesse, in certi periodi dell'anno, non si va. E non si può andare. La montagna non è un parco giochi».

Di montagna «che resta aperta a tutti» parla invece il governatore altoatesino Arno Kompatscher, pur invitando a una maggiore prudenza.

Il mix di buonsenso e regole funzionali sembra quindi l'unica soluzione possibile. La necessità che si faccia in fretta (e per bene) sembra mettere d'accordo tutti. Ovviamente, col senno di poi.

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