I giudici italiani lanciano l'aut-aut al governo Draghi. Non per la riforma della giustizia, non per la lunghezza dei processi. No, l'ultimatum che sa quasi di ricatto, con tanto di minaccia di interrompere o rallentare l'attività fino a fermarla, è per reclamare quello che le toghe ritengono un diritto: essere vaccinate in via prioritaria. Con buona pace di chi non fa parte della casta magistratura eppure corre, lavorando col pubblico, analoghi rischi.
Scende in campo la giunta esecutiva dell'Associazione nazionale magistrati. Dopo un primo documento votato all'unanimità da tutte le correnti qualche settimana fa dopo che la riorganizzazione del piano ha escluso i giudici dalle categorie da vaccinare in via prioritaria (alcuni, prima del contrordine, ce l'hanno fatta, in varie regioni), adesso si passa alla dichiarazione di guerra: «L'Amn - si legge nella nota della giunta - invita i dirigenti degli uffici giudiziari, con la sollecitudine che la gravità del momento richiede, ad adottare, a tutela della salute, energiche misure organizzative al fine di rallentare immediatamente tutte le attività dei rispettivi uffici, senza escludere, nei casi più estremi, anche la sospensione dell'attività giudiziaria non urgente».
La nota del sindacato delle toghe sembra quasi una requisitoria: «Il nuovo piano strategico vaccinale - si legge - modificando le linee guida approvate dal Parlamento nel dicembre 2020, non prevede più, tra i gruppi target di popolazione cui offrire il vaccino in via prioritaria, i lavoratori del comparto giustizia. Il Governo considera dunque il servizio giustizia con carattere di minore priorità rispetto ad altri servizi essenziali già sottoposti a vaccinazione. Tale decisione, oltre a destare disagio e sconcerto per la totale sottovalutazione dell'essenziale e improcrastinabile servizio giustizia, appare in assoluta antitesi con gli obiettivi di riduzione dei tempi dei processi imposti dall'Ue e richiamati dalla ministra Cartabia». Per l'Anm «l'esclusione del comparto giustizia dalla programmazione vaccinale, specie in un momento di grave recrudescenza dell'emergenza pandemica, imporrà sin da subito il sensibile rallentamento di tutte le attività giudiziarie che devono essere necessariamente svolte in presenza, donde l'inevitabile allungamento dei tempi di definizione dei processi». Il sindacato dei giudici ricorda che «un anno fa era stata disposta la temporanea sospensione dell'attività giudiziaria (ad eccezione di poche tipologie di procedimenti urgenti)», mentre adesso «negli uffici giudiziari di tutta Italia si continua a lavorare con le stesse modalità del periodo antecedente la pandemia, con l'unico precario e insoddisfacente meccanismo di cautela costituito dalla disciplina emergenziale».
In coda l'ordine ai dirigenti di rallentare l'attività «ove dovessero inspiegabilmente mancare interventi normativi - che l'elevato e prevedibile numero di contagi e di vittime tra gli operatori di giustizia impongono - volti alla limitazione dell'attività giudiziaria». Il ministero della Giusizia ha fatto sapere che la proroga dell'emergenza processi sino a fine luglio è nel dl Covid che arriverà domani.
Pronta la replica del sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto: «La preoccupazione è comprensibile e legittima. In questa scia, non posso che assicurare e confermare che il servizio giustizia certamente non è da meno rispetto ad altri servizi essenziali».
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