«Al 99% quei resti ossei sono del piccolo Gioele»: una frase paradossale che per l'intera giornata è rimbalzata sui media. E che la dice lunga sul marasma che ha accompagnato questa indagine fin da quel maledetto 3 agosto. Che significa, infatti, «al 99%?». In cosa consisterebbe quell'1% che impedisce agli inquirenti di affermare, con certezza «Sì, abbiamo trovato ciò che resta del cadavere di Gioele». La verità è che qui, dall'inizio di questa brutta storia, gli inquirenti non sono mai stati sicuri di nulla. I parenti delle vittime accusano, «Ricerche partite in ritardo e senza coordinamento». Soccorritori e forze dell'ordine non si sono risparmiati; per 14 giorni hanno sputato l'anima, animati da una grandissima buona volontà, ma in casi tanto complessi ci vuole ben altro: capacità investigativa e fortuna. A sbloccare la situazione è stata l'iniziativa «autogestita» dal padre di Gioele, che due giorni fa ha convocato via social trecento volontari che ieri hanno scandagliato la zona incriminata, trovando ciò che era sfuggito a tutti: droni, cani molecolari, esercito e una pletora di «esperti» veri o presunti. Alla fine, decisiva, si è rivelato l'antico fiuto di un brigadiere dei carabiniere in pensione, che ieri ha risposto all'appello del papà di Gioele e, incredibilmente, ha portato il gruppo nella zona giusta. Un'immagine macabra che però conclude uno strazio prolungatosi fin troppo: sotto le foglie «tronco e una parte di femore compatibili con quello di un bimbo di 4 anni». Gioele era lì, a meno di 400 metri dal pilone dove la mamma Viviana si è forse suicidata: 400 metri, una distanza limitatissima. Possibile che all'indomani del ritrovamento del cadavere della madre le «ricerche palmo a palmo» non abbiano intercettato anche il corpo del piccolo Gioele? Che presumibilmente nei primi giorni di agosto si trovava ancora più vicino al cadavere della mamma: è probabile infatti che successivamente Gioele sia stato trascinato più in là da qualche animale selvatico, che poi ha fatto scempio del cadavere. Tra la sterpaglia brandelli della maglietta che il bambino indossava il 3 agosto. L'eroe del giorno si chiama Giuseppe Di Bello, ex brigadiere, che con una semplice frase ha messo a nudo tutte le carenze delle «battute» degli ultimi 16 giorni: «L'ho trovato dove nessuno l'aveva cercato: ho spostato dei cespugli con un falcetto ed era lì. Una scena straziante. Mi ha guidato Dio». Subito dopo le voci hanno cominciato ad accavallarsi, con il padre di Gioele tenuto lontano dal luogo del ritrovamento: «C'è qualcosa ma non sappiamo cosa. Siamo qui in attesa di capire» diceva disperata Mariella Mondello, la zia di Gioele. In lontananza le teste del medico legale, del procuratore di Patti e i camici bianchi della Scientifica. La prova che quel «qualcosa» erano i resti di Giele. I luogo del rinvenimento dista appena 200 metri dall'autostrada dove Viviana abbandonò l'auto dopo l'incidente stradale.
Ai familiari del piccolo sono stati mostrati gli indumenti strappati. Sono quelli di Gioele. Ultima scena, la più commovente: il papà che sbatte i pugni e saluta in lacrime la piccola bara con dentro il figlio. Da oggi in cielo c'è un angelo in più.
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