Ricorso respinto, a Indi restano 48 ore

No all'appello italiano, lunedì il termine. Meloni: "Trasferirla in base alla convenzione Aia"

Ricorso respinto, a Indi restano 48 ore
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L'ultima speranza dei genitori di Indi crolla alle 16.30 ora locale, quando l'Alta Corte di Londra - che a più riprese aveva già autorizzato i medici a staccare i supporti vitali alla bambina inglese di 8 mesi affetta da una malattia rarissima del dna mitocondriale - legge la sentenza di appello che respinge l'ultimo tentativo di trasferire la giurisdizione del caso in Italia, come aveva chiesto il console italiano in qualità di giudice tutelare, affinché la piccola possa essere curata all'ospedale Bambin Gesù pronto ad accoglierla. La deadline è slittata a lunedì, quando - non si sa ancora a che ora - verrà avviata la procedura di spegnimento delle macchine che tengono in vita la bambina. Sempre più disperati i genitori. «Disgustati dal nuovo calcio nei denti, ma non rinunceremo a lottare per far vivere nostra figlia fino alla fine. Il mondo intero sta guardando ed è scioccato da come siamo stati trattati», dice il papà, Dean Gregory.

La notizia arriva da Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita&Famiglia onlus, e dall'avvocato Simone Pillon, che stanno seguendo gli sviluppi del lato italiano della vicenda in contatto con i legali inglesi e che non hanno alcuna intenzione di arrendersi. «Nel frattempo lavoriamo ad altri percorsi», annuncia a caldo Pillon, che ha ancora due giorni per trovare una soluzione in extremis. «L'ostinazione dei giudici inglesi nel voler mettere fine alla vita di questa piccola combattente nonostante il parere medico contrario del Bambin Gesù è qualcosa di semplicemente satanico», attacca Pro Vita&Famiglia.

Dopo aver concesso la cittadinanza italiana ad Indi, il nostro governo ha chiesto alla Gran Bretagna il trasferimento in Italia della piccola in base alla Convenzione dell'Aia del 1996 sulla cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e misure per la protezione dei minori. Giovedì la premier Giorgia Meloni aveva scritto al Lord Cancelliere e Segretario di Stato per la Giustizia del Regno Unito per «sensibilizzare le autorità giudiziarie inglesi», chiedendo di sbloccare la situazione in tempo utile affinché Indi potesse accedere al protocollo terapeutico di un ospedale pediatrico italiano. Un trasferimento, aveva sottolineato la premier, «nell'interesse della bambina», che «le darà un'ulteriore concreta opportunità di vivere una vita dignitosa». Nella lettera Meloni si dilungava sui dettagli tecnici del protocollo, assicurando che durante l'attuazione dei trattamenti, alla bambina sarebbe stata garantita la completa assenza di dolore e la fornitura di sistemi di ventilazione che avrebbero ridotto al minimo indispensabile ogni disagio. L'intervento della presidente del Consiglio, però, non ha avuto l'effetto sperato. Appello respinto, così come anche la possibilità che le macchine siano staccate a casa, estremo desiderio di papà e mamma Gregory. Per il giudice inglese Peter Jackson l'intervento italiano per il caso di Indi ai sensi della Convenzione dell'Aia, «non è nello spirito della Convenzione».

I giudici d'Oltremanica - spiegano il portavoce di Pro Vita&Famiglia onlus e l'avvocato Pillon - hanno ritenuto che i tribunali inglesi siano nella posizione migliore per valutare «l'interesse superiore» della bambina. Senza l'intervento del tribunale italiano.

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