Il risiko dell'organo collegiale. Di Battista vuole la leadership

Il direttivo dovrebbe avere 7 rappresentanti delle correnti. Ma l'ex deputato punta a pesare di più e cerca la conta

Il risiko dell'organo collegiale. Di Battista vuole la leadership

Cala il sipario sugli Stati Generali. Parte il risiko sull'organo collegiale che dovrà guidare il M5s del futuro. E Alessandro Di Battista vuole la conta tra gli attivisti, convinto di essere il più amato dalla base, sedotta dalle sue parole d'ordine che riecheggiano le urla degli esordi. L'ultimo round dei tavoli di lavoro, nella domenica mattina conclusiva degli Stati Generali, va in scena sui dettagli dell'organizzazione che «speriamo entro Natale», spiegano fonti grilline, dovrà insediarsi al vertice dei Cinque Stelle. Probabilmente un organismo formato da sette persone, dove troveranno posto i portabandiera di ogni corrente. I nomi dovranno passare attraverso una votazione su Rousseau, ma ancora non è stata definita la possibilità di presentare liste contrapposte o soltanto candidature individuali da sottoporre al vaglio dei militanti. Ed è il presunto sentiment con gli iscritti la fiche che Di Battista lancerà sul tavolo delle trattative per la formazione del direttorio. L'ex deputato ha già fatto sapere, attraverso alcuni retroscena, di voler arrivare a una conta, con l'obiettivo di far pesare all'interno del nuovo direttivo il consenso che lui è sicuro di avere tra gli attivisti. Ancor prima della lotteria pomeridiana degli interventi dei trenta «superdelegati», Di Battista va all'attacco su Facebook. Il vero affondo di giornata, senza la briglia dei «cinque minuti tassativi» imposta dal capo politico Vito Crimi per il rullo di dichiarazioni del pomeriggio. Ci va giù duro con chi lo ha criticato: «Hanno provato a irridere le posizioni politiche che io e migliaia di altre persone abbiamo preso e l'hanno fatto coloro che l'unica posizione che conoscono è la genuflessione davanti ai loro padroni». Continua rivelando quanto anticipato ieri dal Giornale, ovvero la contropartita di un posto nel direttorio 2.0 che gli è stata offerta dai governisti. «Oggi mi viene chiesto a gran voce di entrare in un organo collegiale che non è stato ancora votato dagli iscritti - scrive su Facebook - Perché? Perché forse le nostre idee non sono così minoritarie come qualcuno vorrebbe far credere. E allora si pubblichino i voti che ciascuno dei 30 delegati nazionali ha ottenuto».

Parole che provocano il panico nella maggioranza dei parlamentari. «Vuole la leadership, è chiaro», dice un esponente vicino a Di Maio. E il discorso della guida del futuro si snoda per tutta la mattinata attorno alla questione del primus inter pares. Fino alla serata di sabato i boatos davano per acquisita l'istituzione di una figura appena al di sopra dell'organo collegiale, resa necessaria dall'obbligo di avere un unico rappresentante legale. Il nome più gettonato era Di Maio. Ma il nuovo attacco di Di Battista ha scompaginato i piani dei governisti, che ostentano sicurezza sul loro 70% ottenuto nelle votazioni per scegliere i 30 delegati, eppure in privato alcuni mostrano preoccupazione per un eventuale successo dell'ex deputato romano in una conta tra gli iscritti. «Vuole fare il capo puntando a diventare il primus inter pares», nicchia preoccupato un parlamentare di rito contiano. E allora ecco che gli esponenti del correntone governativo provano a sminare il campo. Trapela l'ipotesi di un «rappresentante legale, una sorta di presidente del gruppo ma senza l'ultima parola politica», affiancato da un «organo ad alta rappresentatività» composto da almeno 10-15 persone in rappresentanza dei territori.

La maggioranza di chi ha partecipato ai lavori,

alla fine, esclude il primus inter pares. E forse è la dimostrazione che Di Battista sarà pure isolato a livello parlamentare ma lo scenario di una sua leadership, seppure dimezzata, fa ancora tremare i polsi ai governisti.

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