Magari sarà per i trascorsi da giornalista, ma di certo non è una notizia il fatto che Gianni Letta sia da sempre uno che approccia con grande disponibilità e cortesia i cronisti, sia quando lo interpellano in momenti pubblici che quando lo intercettano in occasioni private. Detto questo, lunedì scorso in molti hanno notato il suo passaggio davanti alla selva di telecamere che stazionano da giorni al San Raffaele di Milano. Non per il suo garbo, quanto perché era da tempo, forse dagli anni a Palazzo Chigi dove da sottosegretario alla presidenza del Consiglio è stato il braccio destro di Silvio Berlusconi, che Letta non impattava in maniera così frontale i cronisti. Una cosa che non era accaduta neanche nei giorni del patto del Nazareno, l'intesa sulle riforme siglata nel 2014 tra l'ex premier e Matteo Renzi grazie anche ai buoni uffici di Letta. Che aveva sempre preferito restare nelle retrovie.
Lunedì no. Letta ha infatti deciso di metterci la faccia e tornare in campo, seppure con il suo solito aplomb e la sua consueta discrezione. «Berlusconi segue tutto con la stessa attenzione con cui ha sempre fatto tutto. E stasera tifa per l'Italia», la butta lì mentre si infila in macchina, quasi fossero parole dette per caso. Circostanza piuttosto improbabile, visto che l'ex direttore del Tempo è uomo che da sempre non fa un gesto che non sia soppesato e ragionato in tutte le sue conseguenze. Difficile, insomma, che la scelta di non restare sottotraccia come tante volte ha preferito fare non sia voluta. E se qualcuno aveva dei dubbi, Letta li ha sciolti ieri interrompendo il suo intervento al premio Biagio Agnes a viale Mazzini per rispondere al telefono. «Scusate, ma ero in ansia. Tutto bene, ora sono più tranquillo», dice alla platea dopo qualche secondo di suspence dando di fatto la notizia che l'operazione a Berlusconi è riuscita.
Niente di casuale, dunque. Anche perché - fa notare qualcuno - una sua presenza più assidua sarebbe stata sollecitata anche dalla famiglia. Per il rapporto umano e personale che c'è tra i due, ma anche per quel che Letta rappresenta.
È lui, infatti, l'anima moderata di Berlusconi, il gran tessitore che cuce, ricuce e alla fine decide. Una presenza che potrebbe avere un ruolo anche in un eventuale processo di riaggregazione del centrodestra che potrebbe essere lanciato già a fine giugno con un ciclo di incontri a Milano.
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