La rivolta dei ragazzi: se ci vietate il pallone condannati al cellulare

La rivolta dei ragazzi: se ci vietate il pallone condannati al cellulare

Una piazzetta. Felpe e zainetti come pali. Nessun arbitro. Nessun arbitro né cronometro. Un pallone. Gioia pura. Fino a poco tempo fa, la consuetudine. Interminabili partite in cui si scimmiottava il campione, si stringevano e si rompevano amicizie in un attimo, ci si sentiva fenomeni per un gol che forse però era palo, no era fuori, chissà. Ore sotto il sole, finché una mamma guastafeste non gridava «È pronto!», e tutti a casa per la cena. Ginocchia sbucciate, l'unico pericolo. Il burbero del paese scocciato dagli schiamazzi che minacciava di bucare il pallone, l'unico rischio. Generazioni di ragazzini sono cresciuti così. Liberi, spensierati e felici. Poi arrivano gli smartphone, le app, i giochi, i social. Le distanze che si annullano, i contatti reali spariscono. I click sostituiscono abbracci e pacche sulle spalle. E via a parlare di giovani persi di qua e valori cancellati di là. Ma quando i ragazzini tornano in piazzetta a giocare, capita che a bucare il pallone siano miopia politica e burocrazia.

Succede a Roca, paesino vicino a Melendugno, in Puglia. La piazza è appena stata rifatta ed ecco spuntare il divieto tassativo di giocare a pallone. Ma la legge non ha fatto i conti con i giovani, proprio i giovani di oggi messi all'indice. La generazione telefonino avrà anche i suoi difetti ma sa bene come comunicare e passa al contrattacco. Uno striscione in piazza con scritto «criticate tanto la nostra generazione ma ci avete tolto il pallone» e una foto potentissima: decine di ragazzini sdraiati, uno per panchina, annoiati ed estraniati con in mano un telefonino.

Ci togliete il pallone? Ecco come ci riduciamo. Tanto che il sindaco incontra i giovani e gli promette una piazza a traffico limitato tutta per loro e per le loro partitelle. Bravi ragazzi. Un gol da applausi. Vittoria d'altri tempi.

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