Rosso, cappe e pois Valentino e Margiela vestono l'inconscio

Le collezioni couture funestate dall'addio alle passerelle di Jean Paul Gaultier

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Parigi «Rendi cosciente l'inconscio altrimenti sarà l'inconscio a guidare la tua vita e tu lo chiamerai destino». L'ha detto Carl Gustav Jung studiando la psicologia del profondo e della complessità. Pierpaolo Piccioli per Valentino e John Galliano per Margiela Artisanal lo hanno fatto ciascuno a suo modo nelle più belle collezioni couture di questa gelida tornata parigina funestata dall'addio alle passerelle di Jean Paul Gaultier. Piccioli lavora sui sogni che sono sempre frutto dell'inconscio così come l'alta moda è frutto del sogno.

«Ho preferito dar luce a quel che è nascosto» dice mostrando le incredibili costruzioni di certi abiti a colonna che addosso sembrano semplicissimi ma che invece richiedono virtuosismi sartoriali ai confini della realtà. Su queste bellissime linee dritte s'innestano poi spicchi tagliati in sbieco, gonne a godet, intarsi di colori diversi: un mondo d'incanti segreti che vengono rivelati senza sforzo apparente. C'è ad esempio un tailleur di rara bellezza con la gonna costruita come un pantalone maschile e la giacca con il taglio della manica che crea l'imbottitura della spalla. Poi c'è la cappa in cashmere double rosa carne con applicati dei decori in vernice che a noi sembrano tulipani rovesciati e allo stilista code di pesci rossi. Questi ultimi compaiono davvero su un'altra cappa ma anche qui è come fare il test di Rorschach nelle cui macchie ciascuno vede cose diverse, gli abitanti del proprio inconscio. Piccioli giustamente dice che non è questo il tema della collezione, ogni capo è una storia a sé, un canto libero e potente della sua creatività. Attenzione, però, con l'inconscio non si scherza, soprattutto quando è quell'oscura materia che Jung chiamava l'inconscio collettivo. Piccioli ne esce a testa alta dicendo che il passato deve essere parte del presente e la bellezza sta nel farlo diventare tuo con rispetto e umiltà. Ecco quindi le inconfondibili ruche orizzontali di Capucci applicate prima su un paio di pantaloni in faille rosso e poi su un fulminante abito da sera nello stesso materiale e colore.

Poi ci sono due straordinarie acconciature a forma di rami in corallo, replica moderna di una mise che Valentino Garavani fece sfilare negli anni Sessanta a Capri e di cui possiede testimonianza fotografica grazie a uno scatto che gli ha regalato Paolo Di Paolo, il mago del reportage in bianco e nero. Nel finale c'è l'abito a piume che Yves Saint Laurent creò per Zizi Jeanmaire. Ma tutto è così smaccatamente Valentino secondo Piccioli che quasi ci si commuove come alla fine di un lungo percorso analitico che ti ha restituito l'integrità dell'anima. Si può dire lo stesso della strepitosa sfilata della linea Artisanal di Margiela che comincia con l'oceanico ritardo di 47 minuti in un edificio sgarruppato reso magnifico da un'estemporanea tinteggiatura rosa shocking che scende dalle pareti al pavimento passando pure sulle sedie chiavarine tipiche dell'alta moda francese. Galliano lavora sulla memoria dell'abito e dei gesti borghesi in un sublime gioco di distruzione e trasformazione. Una manica strappata via da un capo con tanto di colletto e spalla della sottostante camicia, diventa la più bella decorazione possibile per un semplicissimo tubino a pois decostruiti. Il trench diventa una cappa le modelle indossano vere foglie di cavolo dipinte. Ai modelli viene data una vera bombetta ma invece dei pantaloni del frac hanno una specie di gonna a pannello. Il tutto tagliato divinamente e assemblato con la grandissima libertà che ti viene dall'esperienza. Sovversivo nelle forme, negli accostamenti cromatici, nello scambio continuo di generi e cose, Galliano è talmente bravo da dominare il fascino discreto della borghesia con l'eleganza di un re.

Da Givenchy Clare Waight Keller parla di giardini incantati e di donne fiore, ma la sua visione didascalica dell'archivio della maison oltre che di altri designer alla fine toglie forza alla sua moda.

Simmetrico a questi discorsi, il giardino d'infanzia di Viktor & Rolf, ha il grande difetto di arrivare dopo l'epocale sfilata di Gucci sull'abito da bambino, ma ha anche il grande pregio di essere un esempio di sostenibilità applicato all'alta moda. Tutti i vestiti sono infatti stati realizzati con gli avanzi delle precedenti collezioni.

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