Ruffino, i dati dell'autopsia. "Nessuna malattia grave"

Dai rilievi sul corpo del manager non emergono tumori. Nei biglietti "la fatica degli ultimi anni"

Ruffino, i dati dell'autopsia. "Nessuna malattia grave"
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Luca Ruffino (nel tondo) non aveva una malattia grave. Ancora una volta lo ribadiscono gli inquirenti che indagano sul suo suicidio. Ora però (anche) sulla base dell'autopsia sul corpo dell'imprenditore 60enne, presidente di Visibilia Editore, che una settimana fa si è sparato nella propria casa di un elegante quartiere di Milano. Nulla di rilevante è emerso, nessun problema di salute irreparabile, tale da spingerlo al gesto estremo.

Di una patologia grave, precisamente di un tumore tornato aggressivo dopo una prima battaglia vinta anni fa, aveva parlato ai giornali un amico rimasto anonimo. In una nota di cordoglio inoltre il parlamentare di Fdi Marco Osnato scriveva: «Si sostiene che probabilmente il gesto estremo possa essere stato dettato dalla consapevolezza di una malattia feroce che non gli avrebbe dato più speranze». Anche se la circostanza non risultava né ai familiari della vittima né al suo medico. I pm che hanno aperto un fascicolo per istigazione al suicidio a carico di ignoti volevano vederci chiaro e hanno incluso l'eventuale presenza di una malattia grave tra i quesiti posti agli esperti dell'Istituto di Medicina legale. E dalle prime indiscrezioni e dai primi esiti dell'esame autoptico sembra che la risposta sia negativa.

L'autopsia è stata eseguita ieri mattina su disposizione appunto della Procura. L'obiettivo dell'inchiesta, affidata agli investigatori della Squadra mobile, è accertare eventuali reati dietro la morte di Ruffino. Ad esempio stabilire se qualcuno possa averlo spinto a togliersi la vita minacciandolo. Per ricostruire il quadro dunque i pm ritenevano utile sapere se l'uomo fosse malato e l'avesse tenuto però nascosto alla compagna e ai due figli. All'autopsia non ha partecipato il legale che assiste i familiari, l'avvocato Fabio Re Ferrè, che ne avrebbe avuto titolo. Il legale ha detto di non avere nominato un consulente avendo «piena fiducia nella scrupolosità della Procura».

Nei biglietti lasciati ai familiari Ruffino aveva fatto riferimento alla «fatica degli ultimi due anni» e aveva scritto: «Ho accumulato tensioni e sofferenze che hanno saturato i miei spazi. Vi chiedo scusa». La depressione, altra patologia che non era stata certificata da un medico, potrebbe però aver afflitto l'imprenditore con la passione per la politica. Oltre dieci anni fa Ruffino era finito indagato per una vicenda di finanziamenti alla campagna dell'allora An, era stato assolto in via definitiva dopo un calvario giudiziario di sette anni. A ottobre aveva rilevato le quote di Visibilia dal ministro Daniela Santachè, subentrandole alla guida della società. Aveva in pratica salvato l'azienda.

Su Visibilia è aperta un'inchiesta, vicina alla chiusura indagini, per bancarotta e falso in bilancio (Satanchè è tra gli indagati). Per questo caso Ruffino non era indagato e nemmeno era mai stato sentito come persona informata sui fatti: le presunte irregolarità risalirebbero al periodo precedente al suo ingresso.

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