Additato dalla Gran Bretagna come leader del Paese considerato mandante politico dell'omicidio dell'ex spia russa Skripal. Accusato di aver interferito sul voto delle democrazie occidentali (dalle presidenziali negli Stati Uniti al referendum sulla Brexit). Pressato dalle sanzioni occidentali scattate nel 2014 dopo la crisi in Ucraina. E infine considerato corresponsabile del massacro di civili in Siria. Eppure l'ora X della quarta incoronazione a presidente della Federazione russa scatterà oggi senza ostacoli per Vladimir Vladimirovich Putin, 65 anni, zar incontrastato della Nuova Russia, che con questo voto terrà il timone del Paese fino al 2024, garantendosi un quarto di secolo di potere e il record di leader più longevo dopo Stalin. Un dominio esercitato da quando nel 2000 diventò presidente per la prima volta dopo le dimissioni di Boris Eltsin e una sola parentesi di quattro anni (2008-2012), quando divenne primo ministro per non sforare il tetto costituzionale del doppio mandato.
Scontato l'esito delle elezioni presidenziali alle quali sono chiamati oggi 110 milioni di cittadini, in un Paese sconfinato che conta 9 fusi orari. I primi risultati sono attesi per le 21 ora di Mosca (le 19 in Italia). E sia i sondaggi, sia la lista dei sette candidati rivali - nessuno realmente in grado di contrastare la forza elettorale del leader del Cremlino - non lasciano dubbi sul fatto che Putin ce la farà già al primo turno (il secondo è previsto per l'8 aprile solo se oggi nessuno strapperà la maggioranza assoluta). In un giorno, il 18 marzo, a dir poco simbolico, che «lo zar» ha scelto di proposito (facendo slittare il voto) proprio per dare ulteriore importanza all'evento elettorale, nel quarto anniversario dell'annessione della Crimea, avvenuta con un referendum dopo l'occupazione militare russa, nel 2014, e che ha garantito al leader picchi di consenso dell'85%. D'altra parte è proprio sul patriottismo, sul sogno della Grande Russia, sulla militarizzazione della società, sull'immagine di uomo forte e anche sullo scontro con l'Occidente che Putin mantiene ampi consensi, nonostante nei suoi ultimi anni al potere il rublo abbia perso metà del valore dell'euro, la recessione sia durata tre anni (ma la ripresa è già in atto) l'inflazione sia cresciuta (ma ora è di nuovo sotto controllo), i redditi crollati (ma il mese scorso il salario minimo è stato aumentato) e 22 milioni di russi vivano in povertà.
Dichiarato ineleggibile il suo principale rivale, Alexey Navalny, condannato per appropriazione indebita, nessuno dei candidati che corre contro il presidente è previsto superi il 10%. Vladimir Zhirinovsky, Ksenia Sobchak, Grigory Yavlinsky, Boris Titov, Sergey Baburin e Maxim Suraykin non arrivano alla doppia cifra. Una percentuale che non viene sfiorata nemmeno da Pavel Groudinin, il candidato del partito comunista che nonostante la recente rimonta, si fermerebbe - stando ai sondaggi - appena all'8%, mentre zar Putin mira al 70% dei consensi. A pesare, a misurare cioè quell'esigua parte di contestazione che pure serpeggia nel Paese, sarà soprattutto l'astensione. Al leader serve una mobilitazione di almeno il 60% degli elettori per raggiungere il risultato sperato, ma la combinazione ideale per il Cremlino è il 70-70, con l'affluenza a pari misura rispetto ai consensi elettorali.
Poi saranno altri sei anni di potere, come previsto dalla Costituzione che lo stesso Putin ha voluto cambiare allungando di due anni il mandato presidenziale.
Lui dice che non lo farà, ma c'è chi sospetta che d'ora in poi possa essere solleticato dall'idea di cancellare anche il tetto dei due mandati consecutivi, per garantirsi potere a vita sul modello del leader cinese Xi Jinping.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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