L'accordo c'è e anche il protocollo: le aziende potranno vaccinare i dipendenti che lo vorranno. Nessun obbligo, neanche per i datori di lavoro che potranno scegliere se aderire o meno. Si tratta di un canale parallelo alla rete ordinaria, non alternativo, che contribuirà a potenziare la campagna nazionale. Ma tutto dipende dalle dosi a disposizione, perché l'attuazione del protocollo è subordinata alla quantità delle fiale che arrivano. «Si partirà quando ci saranno le dosi necessarie e questo è rimesso alla valutazione del ministero della Salute», spiega infatti il ministro del Lavoro, Andrea Orlano.
Il documento - firmato da governo, imprese e sindacati - prevede una «attività di sanità pubblica nell'ambito del piano strategico nazionale». Le regole sono state fissate dall'Inail, che provvederà anche a formare i medici coinvolti nelle somministrazioni attraverso una piattaforma. Tutte le imprese sono libere di candidarsi, perché non è previsto un requisito minimo di dipendenti e i lavoratori possono essere immunizzati tutti, a prescindere dal tipo di contratto. E senza dover prendere permessi per le inoculazioni, dal momento che il tempo impiegato per sottoporsi all'iniezione è considerato orario di lavoro. I giorni successivi, se necessari per smaltire eventuali sintomi, rientrano invece nella malattia. L'impresa deve provvedere alla logistica, mettendo a disposizione locali idonei, e ai costi legati alla somministrazione. Una decisione, questa, che non tutti hanno digerito facilmente. Mentre restano a carico dello Stato la fornitura dei vaccini, i dispositivi per le inoculazioni, come siringhe e aghi, nonché la messa a disposizione degli strumenti formativi previsti e di quanto necessario per la registrazione delle vaccinazioni, eseguita nel rispetto della privacy.
Per bypassare la resistenza dei medici aziendali è stata esclusa dall'accordo la responsabilità penale degli operatori sanitari in caso di eventi avversi, sempre che il vaccino sia stato utilizzato in modo corretto. Compito del datore di lavoro è la predisposizione di un piano da presentare all'azienda sanitaria di riferimento specificando il numero di vaccini richiesti per i dipendenti, in modo da consentire la necessaria programmazione dell'attività di distribuzione. In alternativa alla vaccinazione diretta, l'impresa può sempre fare ricorso a strutture sanitarie private, sottoscrivendo specifiche convenzioni per le vaccinazioni. Il protocollo assicura la somministrazione anche ai lavoratori di quelle aziende che non sono tenute alla nomina del medico competente o che non possano fare ricorso ai privati: in tal caso è possibile rivolgersi a strutture sanitarie dell'Inail con oneri a carico dell'ente, trattandosi di un'iniziativa vaccinale pubblica.
La firma del protocollo è stata accolta con favore dagli industriali, in particolare da quelli lombardi che per primi avevano aperto le fabbriche per mettere in sicurezza i lavoratori. Circa 1.300 aziende hanno già aderito.
«Il mondo industriale vuole dare il proprio contributo mettendo a disposizione gli spazi per vaccinare il maggior numero di persone nel minor tempo possibile. Solo il vaccino potrà permetterci di ritornare ad una vita normale», dice il presidente di Confindustria Lombardia, Marco Bonometti.
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