C'era davvero una macchia di sangue sull'auto di Olindo Romano? Lui e la moglie furono sono soggetti «a qualche manipolazione da parte dei carabinieri» prima delle confessioni? E chi c'era davvero al colloquio del 20 dicembre 2006 oltre all'allora comandante dei carabinieri di Erba Luciano Gallorini e al testimone Mario Frigerio, quando il maresciallo gli fece più volte il nome del vicino di casa Olindo Romano? Sono le domande che si pone il pg di Milano Cuno Trasfusser nella richiesta di revisione del processo per la strage di Erba pubblicata in esclusiva dall'Adnkronos, visto che quel presunto riconoscimento è - assieme alle confessioni e alla macchia sul battitacco - una delle colonne portanti del processo per la mattanza dell'11 dicembre 2006, quando morirono Raffaella Castagna, suo figlio Youssef, sua madre Paola Galli e la vicina Valeria Cherubini.
Tarfusser ipotizza che sui capisaldi dell'accusa esistano gli elementi per chiedere la revisione per falsità in atti. Una frode processuale, insomma. E a tali conclusioni il pg giunge ancor prima di introdurre le nuove prove presentate dalla difesa, rileggendo gli atti e analizzando soprattutto gli audio mai discussi (a processo, giova ricordarlo, ne entrarono meno delle dita di una mano). Migliaia non furono peraltro mai trascritti e considerati non utili o incomprensibili: invece, erano utilissimi e si sentivano bene, tanto che la difesa li vuole utilizzare per chiedere la riapertura del processo.
Il magistrato, sul colloquio tra Gallorini e Frigerio, sottolinea come il carabiniere, in Corte d'Assise a Como, negò «contrariamente alla verità» di aver fatto il nome di Olindo al testimone, che continuava a riconoscere un olivastro mai visto prima. E si sofferma sul verbale in cui il comandante asseriva che Frigerio poteva aver riconosciuto il vicino di casa come aggressore, fermando subito dopo il colloquio. Scrive Tarfusser: «Ma come? Al momento topico, centrale, nevralgico, in cui l'indagine sembrava essere ad una svolta, si termina il colloquio? Perché? Per non inficiare eventuali successivi atti, si sostiene». Fu quello il motivo «o perché in quel momento giungeva anche l'avvocato Manuel Gabrielli, difensore della famiglia Frigerio?» Ma c'è di più: stando al verbale di Gallorini erano presenti anche il capitano Alfredo Beveroni e il tenente Nicola Gargini, ma i due ufficiali non firmarono l'annotazione di servizio del maresciallo. Un fatto «sicuramente mai valutato dalle Corti di merito, ma che rende questa annotazione di servizio ancora più equivoca». E si domanda il pg: «Vi hanno partecipato davvero? Vi hanno partecipato ma non hanno sentito? Non hanno sentito perché non è stato detto ciò che è stato scritto? Non hanno condiviso? Perché i due ufficiali non sono inseriti nella lista testa dei pm? Perché la Corte d'Assise non ha ritenuto di ammetterli a deporre?». Si tratta di un «atto di polizia giudiziaria che definire strano non coglie l'essenza tanto che è da valutare nell'ottica della falsità in atti».
Ma non è il solo atto opaco. Tarfusser pone enormi dubbi anche sulle «stranezze» del verbale di repertazione della macchia di sangue sull'auto di Olindo «solo apparentemente redatto dal brigadiere Fadda perché da lui non sottoscritto, così come non è sottoscritto dal Romano, pur essendo l'accertamento risultato positivo». Operazioni di repertazione e trasmissione, scrive il magistrato, che avvengono «con modalità, a dir poco, non trasparenti e non tracciabili. Mai è stata posta da alcuno la questione della tracciabilità della prova, senza la quale la prova è, o inammissibile, o irrilevante. Si tratta quindi di un ulteriore atto di polizia giudiziaria che, come detto in precedenza, definire strano non coglie l'essenza». Ma, soprattutto, aggiunge Tarfusser che il reperto analizzato dal professor Carlo Previderè, ovvero la macchia di sangue, potrebbe non essere quello prelevato da Fadda sulla Seat di Olindo, tanto da sollevare «qualche dubbio anche nell'ottica dell'ipotesi di cui alla lettera d) dell'articolo 630 del codice di procedura penale». Anche qui si ipotizza la falsità in atti. E le nuove prove della difesa confermerebbero che quella macchia di sangue non fosse la stessa. Il Pg illustra infatti le conclusioni dei consulenti di Fabio Schembri, Luisa Bordeaux, Nico D'Ascola e Patrizia Morello. E sintetizza: «Detto in termini più chiari e crudi, laddove il consulente afferma che le caratteristiche delle tracce ematiche non risultano conciliabili con quanto sarebbe lecito attendersi egli afferma che quanto analizzato dal dottor Previderè non è quanto apparentemente prelevato dal Fadda e quindi che non è in alcun modo stata rispettata la chain of custody». Dei punti oscuri in questa vicenda abbiamo scritto a lungo in solitudine per anni.
E in un podcast abbiamo riportato gli audio della testimonianza in cui Frigerio non ricordava nulla anche nei giorni seguenti al riconoscimento di Olindo con Gallorini. Ma se le prove che portarono alla tutt'altro che dettagliata confessione possono essere frutto di un falso, in cella ci sono due innocenti?
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