«È una bella gatta da pelare». Da qualsiasi punto di vista la si guardi. Anche da editore della tv concorrente. Nel dibattito infuocato sulla presenza di Zelensky su Raiuno nella serata finale di Sanremo si inserisce anche Pier Silvio Berlusconi. Certo, l'amministratore delegato di Mediaset non c'entra nulla nella questione, però sollecitato sull'argomento in occasione di un incontro sullo sviluppo della piattaforma digitale del gruppo di Cologno, al suo solito ha usato parole dirette.
«Cosa avrebbe fatto se le fosse stato proposto di ospitare il leader ucraino al sabato sera su Canale 5?», gli è stato chiesto. «È complicato rispondere - ha detto - È difficile decidere quando una richiesta del genere ti arriva direttamente dallo stesso leader; da editore non posso dire che la Rai non dovrebbe mandarlo in onda e anche io tutelerei la libertà di espressione. Da privato cittadino che paga il canone però preferirei non vederlo, non mi piace l'idea che la guerra, la morte venga mischiata con una gara di canzoni, quello di Sanremo non mi sembra il contesto adatto».
E poi ha aggiunto: «Mi sembra che ci sia da parte di Zelensky (che è intervenuto anche ai Golden Globe e al Festival di Cannes e a quello di Venezia) una ricerca di visibilità che mi turba, mi inquieta». Insomma, l'ad Mediaset si inserisce nella lista degli scettici o contrari al videomessaggio del presidente in guerra con Putin che verrà trasmesso al termine della gara dei cantanti, tra cui esponenti politici come Salvini e Calenda e molti attivisti contro la guerra. La petizione lanciata da Byoblu per chiedere alla Rai che non venga ospitato il leader ucraino ha raggiunto le 80mila firme.
Ma, si sa, da sempre il Festival ha fatto da cassa di risonanza dei problemi sociali e politici del Paese, dalle questioni legate all'immigrazione alla disoccupazione, alle lotte femminili e femministe, anche se la guerra alle porte d'Europa è un'altra cosa. Quest'anno ci si mettono pure gli anarchici che protestano per il caso Cospito: per controllare eventuali blitz si sono aggiunti 150 uomini delle forze dell'ordine ai 100 già stanziati a Sanremo.
Comunque sia, il Festival catalizza l'attenzione per una settimana e chiunque cerca di usarlo per mandare o amplificare messaggi e proteste. Ma quest'anno Mediaset ha deciso di non farsi fagocitare, di non disarmare le sue reti lasciando totale campo libero alla Rai. E quindi andranno in onda i programmi consueti: le Iene su Italia 1, Il Grande Fratello e anche C'è posta per te, la corazzata di Maria De Filippi (che cattura uno share stratosferico al sabato sera) contro la finale del Festival. «Non chiamatela contro-programmazione - ha spiegato Berlusconi jr - Noi non siamo contro Sanremo, ma abbiamo deciso di non mettere in atto un disarmo assoluto come è avvenuto negli ultimi anni».
Le motivazioni sono sia economiche sia editoriali: «L'andamento positivo della raccolta pubblicitaria durante i Mondiali di calcio (trasmessi dalla Rai) ci ha dimostrato che in questa fase di mercato gli eventi in onda sulle reti concorrenti non incidono più di tanto sui ricavi pubblicitari della nostra programmazione. Inoltre da editori riteniamo un valore aggiunto fornire al pubblico un'alternativa di visione: è sbagliato togliere questa possibilità e lasciare accesa una tv da Terzo Mondo. Anche se c'è in onda Sanremo sarebbe un disservizio per gli spettatori.
Se il Festival fa il sessanta per cento di share, c'è comunque un quaranta per cento che magari ha voglia di seguire altri programmi». Dunque sabato sera grande sfida tra Amadeus e Maria De Filippi. Chi non vorrà ascoltare le parole di Zelensky, potrà sempre girare su Canale 5.
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