La democrazia è crollata sotto il peso di una legge elettorale del tutto anticostituzionale. L'Occidente è abitato da automi votati al più sfrenato consumismo. Il pensiero unico viene propinato, dalla mattina alla sera, a reti unificate. Coi telegiornali che sono stati derubati di ogni libertà di espressione. E infine la repressione violenta: i potenti che stordiscono nel sangue qualsiasi manifestazione di piazza.
Sebbene questa sfrenata fantasia avulsa dalla realtà sia stata partorita dalla mente di Riccardo Scamarcio (nella foto), non ha dato vita a una pellicola da far correre, tra due mesi, al Festival di Cannes. L'attore, lanciato vent'anni or sono dall'impegnatissimo Tre metri sopra il cielo, l'ha infilata in un'ampia intervista rilasciata ieri alla Stampa: piazzata così, con nonchalance, tra una domanda sul futuro del cinema italiano e una sulla sua paura più grande. L'aggancio è il G8. Quello di Genova, ovviamente. Quello raccontato da Daniele Vicari nel film Diaz. «Il cinema è lo specchio del Paese», sentenzia Scamarcio fornendo così l'aggancio alla giornalista per chiedergli delle «recenti manifestazioni represse con violenza». Nessuno parla del governo. Non viene fatto il nome del ministro dell'Interno Matteo Piantedosi. E men che meno quello del premier Giorgia Meloni. Ma appena gli arriva l'assist Scamarcio entra subito a gamba tesa: «La repressione vista a Pisa mi ha ricordato quella del G8 di Genova, evento che ha distrutto la libera manifestazione di piazza e la partecipazione di ragazzi e famiglie nel contestare le scelte deprecabili dei potenti. Da allora è passata l'idea che si possano reprimere le manifestazioni in modo violento». A proposito del 2001, a Scamarcio, potremmo ricordare i black bloc e la città messa a ferro e fuoco. Mentre sull'Italia di oggi potremmo fargli notare che non vive in una dittatura (è libero di criticare tutti i potenti che vuole) e tantomeno in uno stato di polizia.
Nel nostro Stato, piuttosto, durante le manifestazioni la polizia viene puntualmente aggredita: 120 feriti solo nel 2023, uno ogni tre giorni. Ma sarebbe inutile. Per lui l'architettura democratica è ormai disarticolata: «Siamo in pericolo».Lo lasciamo, quindi, alla sua distopia. Possa essergli da spunto per il prossimo film. Di fantascienza.
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