Scatta la minaccia: Moody's pronta a bocciare l'Italia. E anche la Bce stoppa gli aiuti

Come se non bastassero le divisioni europee sulla risposta alla crisi energetica, ieri anche Moody's ha voluto mettere in guardia il nuovo esecutivo

Scatta la minaccia: Moody's pronta a bocciare l'Italia. E anche la Bce stoppa gli aiuti

Come se non bastassero le divisioni europee sulla risposta alla crisi energetica, ieri anche Moody's ha voluto mettere in guardia il nuovo esecutivo. Niente fughe in avanti, quindi. In pratica, l'agenzia di rating statunitense potrebbe procedere a un abbassamento della valutazione del merito di credito (downgrade), confermato a Baa3, un gradino sopra il livello spazzatura, qualora riscontrasse «un significativo indebolimento delle prospettive di crescita a medio termine del Paese a causa della mancata attuazione delle riforme che favoriscono la crescita, comprese quelle previste dal Pnrr». Un altro fattore negativo potrebbe essere rappresentato da «politiche fiscali e/o economiche che indeboliscono il sentiment del mercato» con conseguente «aumento dei livelli di indebitamento nel medio termine».

Così come accaduto con il caveat del presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, anche la nota di Moody's sembra guardare negativamente ad alcuni capisaldi delle politiche del centrodestra: ridiscussione del Pnrr, abbassamento della pressione fiscale e sblocco dei pensionamenti anticipati. Proposte condivise da tutti i partiti della nuova maggioranza ma che vedono la Lega di Matteo Salvini richiamarle continuamente come punti irrinunciabili dell'agenda del nuovo governo.

Al contrario, si legge nel report di aggiornamento sull'Italia, si potrebbe aumentare il rating «se le prospettive di crescita e la traiettoria del debito si dimostrassero resistenti ai rischi derivanti dall'incertezza politica, dalla politica energetica e dall'aumento dei costi di finanziamento». Moody's, che dopo le elezioni non ha modificato il suo giudizio aspettando la formazione di un nuovo governo, ha sottolineato che «sebbene sia improbabile un aumento del rating nel prossimo futuro, prenderemmo in considerazione la possibilità di cambiare l'outlook a stabile (da negativo, ndr)» se ci fosse la prova «che il prossimo governo è impegnato nell'attuazione di riforme strutturali a sostegno della crescita» e di «un credibile piano di risanamento di bilancio».

Come definire, dunque, questo avvertimento che giunge dal cuore di Wall Street? Fondamentalmente si conferma che l'Italia è un Paese «a sovranità limitata»: l'elevato debito, la stretta interconnessione con un contesto europeo fortemente recessivo sconsigliano il ricorso al deficit. Anzi, servono più riforme (che generalmente in Italia fanno rima con tasse) e politiche di spesa prudenti.

E questo anche perché l'Italia, a differenza degli Stati Uniti, non può beneficiare di un prestatore di ultima istanza come una vera banca centrale, anzi. Ieri la Bce ha reso noto di aver alleggerito la quantità di Btp in portafoglio. Nel bimestre agosto-settembre le posizioni di Francoforte si sono ridotte di 1,243 miliardi netti a fronte dei +9,762 miliardi di giugno-luglio quando nei titoli italiani era stato reinvestito un cospicuo ammontare di Bund tedeschi scaduti.

Anche le notizie provenienti dall'Istat non sono completamente rassicuranti il Pil del secondo trimestre 2022, secondo i nuovi aggiornamenti, è cresciuto del 5%. La crescita acquisita è stata rivista da +3,5 a +3,6%, dato che fa ben sperare per fine anno.

Grazie all'inflazione e all'Iva le entrate fiscali sono aumentate del 13,4% (periodo gennaio-agosto), ma il reddito disponibile delle famiglie è diminuito di 2,3 punti percentuali per tenere dietro ai consumi. Non è un buon segnale per il futuro.

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