La scelta di non sapere su Moro

È chiaro da anni che non si vuole non soltanto scoprire ma neanche cercare la verità sul caso Moro

La scelta di non sapere su Moro
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È chiaro da anni che non si vuole non soltanto scoprire ma neanche cercare la verità sul caso Moro. È ancora da scoprire sia perché, sia in che modo, Aldo Moro (nel tondo) fu rapito, e poi trasportato in luoghi diversi, talvolta coincidenti con domicili dei servizi segreti. E perché fu torturato, come ostinatamente ha dimostrato con un suo bel libro Piero Laporta («Raffiche di bugie a via Fani- Stato e Br sparano su Aldo Moro»), il quale testardamente ha chiesto e ottenuto il referti autoptici eseguiti sul cadavere dello statista abbattuto come un cane nel portabagagli di una Renault, scoprendo così che Moro aveva molte costole rotte che gli impedivano di respirare procurandogli dolori infernali le notti atroci prima di essere condotto al mattatoio. Ecco un caso, ed è il mio caso. Nel 2005 con Rogatoria Internazionale la Commissione di cui ero presidente accogliemmo l'invito del procuratore generale di Budapest che mi aveva scritto di avere prove inoppugnabili sui rapporti fra terrorismo e Unione Sovietica. Arrivammo in Procura e ci sedemmo intorno a una grande tavola, bevemmo del buon tè e il procuratore chiese a un maggiore in uniforme di portare la valigia. L'ufficiale mise allora sul tavolo una enorme valigia di cuoio verde. La aprì e vedemmo una massa di carte ingiallite.

Eravamo raggianti e stavamo per allungare le mani su quei documenti quando il procuratore ci fermò: disse che la Procura aveva desiderio di consegnarci quei documenti con i nomi dei brigatisti rossi che agivano in Italia su ordine del KGB sovietico e della Stasi tedesco-orientale, ma che per i trattati tra la Federazione russa e Paesi dell'ex patto di Varsavia la condivisione di documenti dei tempi della storia comune sarebbe avveduta solo con consenso russo.

Il lettore avrà già capito, mai la Federazione russa dette luce verde a che quella massa documentale definita preziosissima forse trasmessa all'Italia. Ci fu fatto il nome del brigatista Antonio Savasta e di qualcun altro ma il punto era che le carte raccolte in seguito a delle perquisizioni nei covi del terrorista internazionale ilic Ramirez Sanchez, detto Carlos (che sta scontando due ergastoli a Parigi per terrorismo) provavano che un certo numero di appartenenti alle Rosse era agli ordini dell'organizzazione Carlos, la quale risiedeva a Budapest agli ordini scia della Stasi tedesca orientale che del KGB. Si trattava dunque secondo il procuratore generale di materiale, autentico prezioso e che avrebbe spiegato pienamente il caso Moro, come rispose a mia domanda precisa. Malgrado la frustrazione del mancato invio del materiale per decisione della Federazione russa, ho aspettato e scritto milioni di volte che sarebbe stato ed ancora è un immediato compito della magistratura compiere ogni operazione necessaria per tornare alla procura di Budapest e con gli strumenti diplomatici e dei trattati in vigore chiedere e ottenere la documentazione rimasta nella valigia verde. Non sto dicendo di avere trovato la soluzione del caso Moro. Ma sono anche sicuro di esserci andato molto vicino. Il punto non è questo. Il punto è che sinora nessun magistrato della Repubblica di qualsiasi tribunale ha ritenuto un suo dovere considerare notizia relativa a un reato quella del rapporto che fa parte di un documento del Parlamento della Repubblica italiana, non un documento giornalistico ma l'esito di una rogatoria internazionale. Sarebbe stato semplice. Si chiede, si vede che ti rispondono, si cerca di superare gli eventuali ostacoli. Invece nulla, nessuno ha fatto nulla, benché nessuno possa dire di non esserne stato informato trattandosi come ho già detto gli atti ufficiali del Parlamento della Repubblica, per non dire dei numerosi articoli che io ed altri abbiamo scritto su numerosi giornali. Materiale più che sufficiente per una notizia criminis.

Io non so che cosa contenesse quella valigia e non avevo, diciotto anni fa, altri strumenti. Quello che so per certo e quindi il mio vale come J'accuse è che quella pista non è mai stata seguita per scelta: la scelta di non sapere.

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