Quando si parla di questioni sindacali, l'italia sembra rimasta ad un'altra epoca. Ieri il garante degli scioperi ha fornito i dati sulle astensioni collettive dal lavoro dell'anno scorso. Per essere chiari: il 2021, quando eravamo in pieno lockdown. Ebbene, non ci si crede, ma nell'anno in cui in pochi potevano lavorare, sono stati fatti più di mille scioperi. Di cui 18 generali. Per la verità uno solo è stato proclamato da quella che un tempo veniva chiamata la triplice. Secondo l'organismo di vigilanza gran parte degli scioperi sono stati proclamati da sindacati di base, non adeguatamente presenti nei vari settori produttivi , con motivazioni politiche e/o economiche spesso generiche e con livelli di adesione del tutto irrilevanti. Poi un giorno ci spiegheranno cosa voglia dire esattamente scioperi politici.
Come sempre i sottori più conflittuali sono quelli del trasporto pubblico. Un comparto in cui però, occorre sottolineare, anche poche assenze possono creare grandi disagi agli utenti consumatori.
L'Italia è una giungla del diritto del lavoro. Ci sono circa mille diversi contratti e non bastano mai. Le astensioni del lavoro non si fermano neanche nel peggiore periodo economico della recente storia repubblicana. I sindacati confederali, oggi meno conflittuali, continuano con rivendicazioni dell'altro secolo: dal salario minimo che sfonda bene a sinistra, alla continua ricerca di modelli contrattuali basati sull'idea fordista del contratto a tempo indeterminato. I lavori autonomi vengono mal tollerati. Si pensi al tentativo, riuscito, di includere i nuovi lavori (dalle consegne di cibo alle consulenze informatiche) nello schema del contratto dipendente.
Non è uno scenario fertile per la ripresa e per la tenuta della nostra produzione. Il sindacato tradizionale, oggi pallido erede di quello di un tempo, è più rappresentativo dei diritti dei pensionati che dei nuovi lavori, e quello di base che è alla continua ricerca di scavalcare a sinistra la triplice, rappresentano uno di quei nodi che un governo riformista dovrebbe affrontare.
Nessuno limite al diritto di sciopero, oltre a quelli già previsii dalla nostra legislazione, ma non si può pensare che uno valga uno anche nel diritto al lavoro.
Non tutte le organizzazioni sindacali hanno la stessa rappresentatività, non tutte le astensioni dal lavoro meritano di avere la tutela pubblicistica e sociale dello sciopero. Dirlo non vuol dire essere dei pericolosi reazionari, ma pensare che il lavoro e la ricchezza di una nazione dipendano dalla disponibilità dei privato ad investire e a rischiare i propri quattrini per fare impresa.
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