Tutti contro tutti con fumata nera. Governatori di centrodestra contro governatori di centrosinistra, Ministero della Sanità contro Ministero dei Trasporti e il ministro dell'Istruzione Lucia Azzolina che gioca allo scaricabarile con il super-commissario per l'emergenza Covid Domenico Arcuri. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte a fare da spettatore, terrorizzato dall'impatto mediatico e perfino internazionale che potrebbe avere un rinvio della partenza dell'anno scolastico, al momento prevista per il 14 settembre. Una lotta nel fango che continua, con una novità, emersa durante il vertice in videoconferenza tra governo e Regioni sulla riapertura delle scuole: non è più solo la Azzolina a recitare suo malgrado la parte dell'imputato per il caos scolastico, ma è finito sotto processo anche il titolare della Salute Roberto Speranza, di LeU. Nel mare di incognite, il nodo principale sono i trasporti. Con l'esecutivo che brancola nel buio su mascherine e distanziamento sui bus. Su questo punto almeno le Regioni sono compatte. «Così non ce la facciamo, si rischia il caos» ha alzato la voce in riunione Stefano Bonaccini, governatore dem dell'Emilia-Romagna, presidente della Conferenza delle Regioni. La richiesta dei governatori è quella di un aumento dei posti a sedere sui mezzi pubblici. Ed è qui che è venuta fuori la prima differenza di vedute all'interno del governo. La responsabile del Mit Paola De Micheli, emiliana e del Pd, è parsa più aperta nei confronti delle Regioni. L'idea di De Micheli è quella di considerare i compagni di classe alla stregua di «congiunti» in modo da fare a meno delle distanze sugli scuolabus. Silenzio da parte di Speranza. Inamovibile nel rispetto delle indicazioni del Comitato tecnico scientifico, che sta valutando se allentare le misure di distanziamento sui mezzi. Decisione a parte, il punto politico è un altro. E ruota attorno all'accusa di essere «troppo subalterno al Cts» lanciata dai governatori e dai colleghi del governo nei confronti di Speranza. Una prudenza che fa storcere il naso anche a Palazzo Chigi, dove sono ansiosi di incassare il risultato di una riapertura rapida delle scuole. Il ministro di LeU è nel caos pure sul protocollo da seguire in caso di contagi tra gli studenti, con i provvedimenti sulla quarantena delle classi scaricati sulle Asl.
Intanto Arcuri annuncia l'imminente distribuzione dei banchi rotanti agli istituti, patata bollente scaricata da Azzolina nelle mani del commissario straordinario. La titolare dell'Istruzione preferisce intestarsi il merito delle nuove 70mila assunzioni tra docenti e personale Ata. Così Azzolina schiva gli attacchi, scaccia le voci di una sua sostituzione in un rimpasto autunnale e tenta di delegare il più possibile ai presidi le responsabilità di un riavvio al buio. E il percorso è oscuro per quanto riguarda l'obbligo delle mascherine in classe. Il viceministro dell'Istruzione Anna Ascani smentisce l'ipotesi dell'obbligatorietà. Il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri si appella al buon senso. Solo i governatori di centrosinistra sono possibilisti sull'uso della mascherina in aula.
Mentre dal centrodestra il presidente della Liguria Giovanni Toti e quelli di Lombardia e Veneto Attilio Fontana e Luca Zaia guidano il fronte
del no categorico. La loro proposta verte invece sullo scaglionamento degli orari di ingresso e uscita combinato con la didattica a distanza. Sarà tutti contro tutti fino al 14 settembre, quando forse suonerà la campanella.
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